La pace è costruita dai non-violenti
- Dettagli
- Pubblicato Domenica, 01 Gennaio 2017 15:42
- Scritto da sac. Pasquale Pirulli
Sac. Pasquale Pirulli
All’inizio del nuovo anno è civile consuetudine augurarsi vicendevolmente un “Buon Anno!”-“Happy new year!”. Lo ha fatto anche papa Francesco indirizzando “sinceri auguri di pace ai popoli e alle nazioni del mondo, ai Capi di Stato e di Governo, nonché ai responsabili delle comunità religiose e delle varie espressioni della società civile” nella ricorrenza della 50s Giornata Mondiale della Pace tradizionalmente celebrata il primo giorno dell’anno.
Egli si pone sulle orme del “papa buono” S. Giovanni XXIII, il quale aveva scongiurato il conflitto tra USA e URSS per istallazione di missili sovietici a Cuba con il messaggio inviato il 25 ottobre 1961 John Fritzgerald Kennedy e Nikita Krusvev invitandoli “affinché non siano indifferenti al grido dell’umanità. Che essi facciano tutto ciò che è in loro potere per mantenere la pace. In tal modo essi salveranno l’umanità dagli orrori della guerra, i cui spaventosi effetti nessuno può prevedere. (…) Questo sarebbe un segno di saggezza e di cautela, che sarebbe benedetto in Cielo ed in Terra”. Proprio dalla difficile esperienza di Cuba il papa prenderà lo spunto per regalare agli uomini di buona volontà la sua decisiva enciclica “Pacem in terris”, redatta di prima mano da Mons. Pietro Pavan, e firmata dal papa in diretta televisiva il 9 aprile 1963. Il papa dinanzi al rischio di una guerra atomica affermava: “Giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari”. Da diplomatico navigato (ricordiamoci che aveva salvato tanti ebrei dalla deportazione nei campi di sterminio quando era nunzio apostolico in Bulgaria!) si augurava che potesse diffondersi “sempre più tra gli esseri umani la persuasione che le eventuali controversie tra i popoli non debbono essere risolte con il ricorso alle armi, ma invece attraverso il negoziato”.
Era un porre le basi di una riflessione cristiana sulla non-violenza che sarà sommessamente richiamata da Paolo VI nel suo discorso pronunciato all’ONU il 4 ottobre 1965 quando si è presentato “rivestito di una minuscola sovranità temporale” e ha gridato il suo messaggio in nome di Gesù Cristo “principe della pace”: “Non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei popoli e dell’intera umanità”. Ha continuato la sua missione di evangelizzatore della pace proponendo per il 1° gennaio 1967 la celebrazione della Giornata Mondiale per la pace, insistendo sulla riflessione e sulla preghiera di tutti gli uomini di buona volontà.
In data 8 dicembre u.s. papa Francesco ha firmato il suo messaggio per la ricorrenza della 50° Giornata Mondiale per la Pace offrendo una lezione di alta politica che è prima di tutto una lezione di umanità soffermandosi sulla non-violenza come stile di una politica di pace e si rifà alla carità/misericordia quale guida dei rapporti interpersonali, sociali e internazionali.
Egli richiama alla memoria la triste storia del secolo passato “funestata da due guerre mondiali micidiali, dalla minaccia della guerra nucleare” e ricorda che anche oggi c’è una terribile “guerra mondiale a pezzi”. Con sentita partecipazione alle sofferenze delle vittime egli traccia la mappa della violenza sul nostro mondo: “guerre in diversi paesi e continenti, terrorismo, criminalità e attacchi armati imprevedibili; gli abusi subiti dai migranti e dalle vittime della tratta, la devastazione dell’ambiente”. Purtroppo bisogna fare ancora i conti con i “signori della guerra”
Quali sono i frutti-risultati della violenza? Migrazioni forzate e immani sofferenze, risorse destinate a scopi militari con la conseguente cancellazione di ogni aiuto ai bisogni dei giovani, delle famiglie, degli anziani, dei malati. Quindi, a giudizio del papa, anche dalla violenza contro la violenza scaturisce solo la morte.
Non possiamo dimenticare che anche Gesù si è confrontato nella sua vita con la violenza: quella dei legionari romani, quella del despota Erode, quella delle autorità religiose (sommo sacerdote, farisei, sadducei, ecc.) Quale il suo atteggiamento? Ha fermato con autorità e misericordia la violenza moralistica contro la donna adultera (Gv 8, 1-11), ha imposto a Pietro di riporre la spada sguainata contro gli sgherri del tempio (Mt 25, 52); ha invitato i suoi seguaci a porgere l’altra guancia dinanzi ad una violenza ingiusta (Mt 5, 39). Una incisiva lezione di non-violenza che lo ha portato alla morte di croce la quale diventa, a sua volta, violenza di amore affinché l’uomo rientri nella pace della misericordia di Dio.
Anche Francesco d’Assisi ha esortato i cristiani a coniugare l’annuncio del Vangelo con la pratica della pace: “La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancora più copiosa nei vostri cuori” e a tutti rivolgeva il suo umile saluto: “Pace e bene” augurando che tutti siano “gli strumenti della sua pace”. Come non ricordare il coraggio dell’Araldo del gran Re quando nel 1219 si presenta disarmato a Damietta in Egitto alla presenza del sultano Melek-el-Kamel oltrepassando lo schieramento dell’esercito dei crociati? Giustamente il Vangelo del Principe della Pace è la “magna carta della non-violenza cristiana”. Lo aveva capito S. Teresa di Calcutta e ne aveva parlato durante la cerimonia solenne del Premio Nobel per la Pace del 1979: “Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare la pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli altri”. Per gli operatori di pace lei rimane ‘una icona dell’amore misericordioso e non violento che esprime attenzione verso le vittime della violenza”. Come dimenticare la marcia silenziosa di protesta degli attivisti di Pax Christi guidati da D. Tonino Bello, il santo vescovo di Molfetta, verso l’inferno di Sarajevo. I successi politici della strategia della non violenza sono legati ai nomi del Mahatma Gandh e Khan Abdoul Ghaffar Khan che hanno ottenuto l’indipendenza dell’India, di Martin Luther King che ha cancellato la vergogna della segregazione razziale negli USA, e di Leymal Gbowe che ha posto fine alla guerra civile in Liberia.
La valenza politica della non-violenza veniva richiamata anche dal papa Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Centesimus annus” del 1991 quando ricordava “l’impegno non violento di uomini che, mentre si sono rifiutati di cedere al potere della forza, hanno saputo trovare di volta in volta forme efficaci per rendere testimonianza alla verità” e auspicava che “Gli uomini imparino a lottare per la giustizia senza violenza, rinunciando alla lotta di classe nelle controversie interne ed alla guerra in quelle internazionali”.
Dinanzi alla violenza che anche oggi si ammanta di pretestuose giustificazioni religiose , papa Francesco alza la voce: “Lo ribadisco con forza:<<Nessuna religione è terrorista!>>. La violenza è una profanazione del nome di Dio. Non stanchiamoci mai di ripeterlo: “Mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra!”.
Il papa addita la radice domestica di una politica nonviolenta intesa a realizzare la gioia dell’amore tra i coniugi e questa dalla famiglia, che vive il sacramento del matrimonio, si deve irradiare su tutta la società. Ad auspicare un’era di fraternità e di pacifica coesistenza tra i popoli è necessario il disarmo insieme all’abolizione delle armi nucleari. Egli suggerisce che la politica della nonviolenza deve cominciare nelle mura domestiche fermando ogni forma di violenza e di abuso su donne e bambini. Su questa strada della carità brilla la luce dell’esempio e della dottrina di Santa Teresa di Gesù Bambino che “ci invita alla pratica della piccola via dell’amore, a non perdere l’opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto che smini pace e amicizia”. Un’ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo”.
Agli uomini politici papa Francesco propone la sfida di essere “costruttori di pace” e li invita a superare gli in evitabili attriti affrontandoli in maniera costruttiva e nonviolenta perché anche le polarità in contrasto hanno le loro preziose potenzialità. Impegnato nella costruzione della pace attraverso la nonviolenza attiva e creativa dal 1° gennaio 2017 sarà il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e sarà suo compito promuovere “i beni della giustizia della pace e della salvaguardia del creato e poi ancora la sollecitudine verso i migranti, i bisognosi, gli ammalati, gli esclusi, gli emarginati e le vittime dei conflitti armati e delle catastrofi naturali, i carcerati, i disoccupati e le vittime di qualunque forma di schiavitù e di tortura”.
La costruzione della pace è affidata alla preghiera e all’impegno concreto di coloro che “hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza” e sono diventati “artigiani della pace”.
Così il messaggio di papa Francesco è un augurio, una riflessione, un invito a impegnarsi con la non violenza a costruire la pace nella casa comune.