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GRILLO FAGOCITA DESTRA E SINISTRA ANCHE A RUTIGLIANO

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di Gianni Nicastro


La domanda da porsi all’indomani di queste elezioni politiche, più che chi ha vinto, dovrebbe essere chi ha perso di meno. A livello nazionale ha perso di meno il PD, a Rutigliano ha perso di meno il PDL. Il vincitore delle elezioni, qui e in Italia, come è noto, è Beppe Grillo e il suo Movimento 5 Stelle. Primo partito a livello nazionale il M5S è secondo (25,39 %) a Rutigliano dopo il PDL (31,73%), il PD è il terzo partito con il 20,63 %.

Se si confrontano i voti che il partito di Bersani e quello di Berlusconi hanno preso alle politiche del 2008 con le politiche appena svolte, il calo è impressionante, un tracollo elettorale: -15,77%  il PD, -10,25% il PDL. Berlusconi perde, ma tutti lo percepiscono come un vincitore solo perché tutti lo davano impresentabile e sconfitto. Il vincitore, quello vero, è Grillo che a Rutigliano ha fagocitato la metà dei voti del PD e un quarto di quelli del PDL.

Interessante è vedere come il risultato del M5S sia omogeneo in tutte le sezioni elettorali. In 17 sezioni su 19 il dato oscilla tra il 22 e il 28%, la punta massima la si è avuta nella sezione n. 15 con il 31,49%, quella più bassa nella n. 5 con il 17,99%. Insomma a Rutigliano, come in Italia, mediamente un quarto degli elettori ha votato per Beppe Grillo. Il motivo di un così massiccio spostamento di voti su una realtà politica nuova e fuori dai canoni tipici di un partito li conosciamo tutti, non è il caso di soffermarsi più di tanto. Ci limitiamo solo a ricordarli in sintesi: la corruzione dilagante, l’impresentabilità di un numero enorme di parlamentari con problemi giudiziari da codice penale, lo scandalo di un insostenibile finanziamento pubblico ai partiti intercettato da apparati corrotti e mariuoli, un governo che ha massacrato la società italiana nelle sue parti più deboli (famiglia, lavoratori, pensionati, malati, giovani, studenti, piccoli imprenditori…), partiti e relativi leader incapaci di offrire una via di uscita credibile e socialmente sostenibile alla crisi.

Un quadro generale che avrebbe dovuto favorire, in qualche modo, la sinistra radicale (Ingroia) e inquadrata (vendola), invece no. SEL ha preso 697 voti (6,85%) a Rutigliano grazie anche all’infaticabile attività elettorale di Angelo Radogna, un risultato appena sopra il dato regionale (6,54%), più o meno in linea con tutti i comuni della provincia di Bari. Un risultato molto al di sotto delle aspettative, scarso, se si considera l’esposizione mediatica di Nichi Vendola, l’essere presidente della regione e l’onda partecipativa delle primarie.

Ci sono, poi, i 902 voti (8,91%) della coalizione di Monti con l’esiguo risultato dell’UDC (1,29%) e l’insignificante, drammaticamente inesistente FLI col suo inutile 0,44%. Il partito che per circa due anni, con cinque consiglieri comunali, ha rappresentato a Rutigliano l’on. Francesco Divella, l’ex sindaco Lanfranco Di Gioia, l’eterno consigliere comunale Oronzo Valentini e tutta l’ex Alleanza Nazionale ha preso 45 voti su 10.453 votanti, impressionante.

Che quel carro non fosse vincente i personaggi sopra citati lo hanno capito appena in tempo, scendendovi qualche giorno prima che cominciasse la campagna elettorale. Non si pensi, però, che siano elettoralmente scomparsi. Queste persone governano Rutigliano da 15 anni, hanno dalla loro tutti i locali capitani di industria e dell’edilizia con annesso indotto, in sostanza controllano il territorio. Sono bravi anche loro, come il PDL, a riempire i comitati elettorali di giovani con tante speranze e poche certezze. Credo che la debacle politica nazionale di FLI e della destra non abbia scalfito il potere elettorale amministrativo dei locali ex missini, ex AN, ex FLI, anche perché un conto sono le elezioni politiche, un conto sono le elezioni comunali, piuttosto prossime qui a Rutigliano.

Questo è un discorso che vale per tutte le forze politiche, compreso il Movimento 5 Stelle. Quei 2.569 voti sono di Grillo e non sono un pacchetto bello e confezionato che può essere spostato -pari pari-  da un livello elettorale a un altro. Chi mastica un po’ di politica sa che nelle elezioni amministrative entrano in gioco tutta una serie di valutazioni che sono parecchio diverse da quelle che gli elettori fanno nelle elezioni per il parlamento e il governo nazionale. Quelle comunali sono elezioni di prossimità, molto vicine all’elettore, il quale è influenzato da altri fattori. La parentela innanzitutto, poi l’amicizia, i favori ricevuti e quelli che potrebbe ricevere, l’entità delle clientele elettorali dei vari candidati e la loro professione: dottori, ingegneri, costruttori e gestori di patronati sono grandi portatori di voti a prescindere. 

Più che il voto di opinione, politico in senso stretto, ideologico, a livello comunale contano i fattori prima elencati e anche il radicamento delle forze politiche sul territorio, la loro attività, le loro battaglie sulle questioni amministrative grandi e piccole. Il M5S ha una grande potenzialità rappresentata dal vento di protesta e dalla voglia di cambiamento che spira a livello nazionale. Trasformare quella potenzialità in numeri veri e grandi anche a livello comunale è una sfida il cui esito è tutto da verificare.

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