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UNA TELA E 405 LIBRI DONATI ALLA COMUNITÀ DI RUTIGLIANO

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Giovedì 31 Gennaio

GIUSEPPE D’ALESSANDRO dona alla comunità di Rutigliano una tela e 405 opere letterarie

Il prof. Giuseppe D’Alessandro, affermato medico e noto poeta, dona alla sua città natale un’opera pittorica e il suo patrimonio librario: 405 volumi di contenuto letterario. La cerimonia di donazione si terrà Giovedì 31 Gennaio alle ore 18,30 nella Sala Conferenze di Palazzo San Domenico. A breve la Biblioteca Comunale di Rutigliano si arricchirà di nuovi fondi librari a seguito di altre donazioni.

Giuseppe D’Alessandro, nato a Rutigliano nel 1924, vive dal 1956 a Roma dove da sempre, e con passione, accanto al lavoro di medico, esercita quello di poeta. Per entrambi ha avuto significativi riconoscimenti. Pubblicazioni principali: Mare lungo (1967), Il tamburo di sabbia (1977), Venti di mare e di costa (1993), Velocità di sedimentazione (2002), Il fiume dentro di noi (2004), Il mare tutto intorno (2006) e l’antologia L’autostrada e altre poesie (2009). Di lui ha scritto Walter Pedullà, fra i più noti critici letterari, già presidente della Rai:

“Nel 1965 il premio “Vann’Antò” fu assegnato alle poesie inedite di Giuseppe D’Alessandro da una giuria composta da Carlo Bo, Giacomo Debenedetti, Giorgio Caproni, Salvatore Pugliatti e Salvatore Quasimodo. La relazione, scritta da Debenedetti, sottolinea il “segno leggero” con cui il poeta esprime il dolore e la gioia, e promuove l’agilità e la freschezza con cui aveva reso “la vita del suo mondo vegetale, al di là di ogni tentazione di sovrastrutture mitiche”.

E così concludeva: “C’è un acuto senso di nostalgia che ricorre con accenti struggenti”. Il grande critico aveva così tracciato le linee essenziali da percorrere anche per il futuro della produzione poetica di D’Alessandro. (…). Peppino D’Alessandro ha sempre fatto il medico in modo egregio, per testimonianza, oltre che mia, di tutti i suoi più illustri pazienti che a lui si rivolgevano per consigli e terapie fisiche e psicologiche. Era un paziente ascoltatore ed era un consolatore di persone turbate nell’anima non meno che nel corpo. (…). Ho conosciuto insieme il medico e il poeta, come è giusto che succedesse in un uomo di semplicità mista a candore che non aveva né doppiezze né sdoppiamenti.

(…). È sempre in stato di disponibilità dinanzi agli eventi nuovi e alla ricomparsa inattesa o cercata dei ricordi. E così è pronto a reagire alle iniziative della vita che gli si para davanti, per ricondurre ogni emozione al presente, il tempo di uno che non vuole perdere i contatti col passato, la madre, la Puglia, il mare dell’infanzia. (…). Cosa c’è insomma alla base della poesia di D’Alessandro? Sotto c’è l’assillo di un gioco vitale imparato e perduto, senza riuscire né a desiderare né ad apprendere un altro qualsiasi di quelli offerti dal mondo d’oggi. (…). Peppino D’Alessandro sa bene che bisogna trovare le parole giuste e insieme eccezionali per fatti molto comuni: o magari il contrario. D’Alessandro usa parole comuni per creare un fatto eccezionale, quali in sostanza diventano nei suoi versi eventi quotidiani e persino inflazionati come la nascita e la morte. (…)”.




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