AFGHANISTAN, LA TESTIMONIANZA DI DON PAOLO SOLIDORO
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- Pubblicato Domenica, 25 Novembre 2012 10:20
- Scritto da Tino Sorino
di Tino Sorino
Una conferenza di grande interesse ed attualità sul tema “L’Afghanistan visto da un Cappellano militare in missione di pace”, tra racconti a volte scioccanti ed immagini fotografiche di una cruda realtà.Teatro dell’iniziativa, promossa dalla Parrocchia “S. Maria della Colonna e San Nicola” e dalla locale Associazione culturale “Democrazia e Riformismo”, la Chiesa Madre di Rutigliano, gremita di gente e di Autorità militari, che hanno seguito con attenzione e in modo particolare la toccante e commovente testimonianza di don Paolo Solidoro.
Preceduta inizialmente dai saluti del padrone di casa don Emilio Caputo, che ha sottolineato come “i riflettori sull’Afghanistan si accendono solo, ogni qual volta, accogliamo le bare dei soldati italiani che rientrano in Patria”. A seguire il gen. Oronzo Traversa ha letto la preghiera del “Caduto” sulle note del “Silenzio” eseguito dal trombettista rutiglienese Doni Antonelli.
Attesa ed applaudita è stata, quindi, la testimonianza di don Paolo Solidoro, Cappellano militare- Capitano dei bersaglieri, più volte in Afghanistan, rientrato a metà settembre scorso e attualmente in servizio presso il 1° Reggimento Bersaglieri della Brigata “Garibaldi” di Cosenza. Commovente il ricordo di un neonato, avvolto in un panno bianco, “impacchettato come un salame” e salvato in extremis, ancora con il cordone ombelicale non reciso, grazie al tempestivo intervento dei medici del campo.
La sequenza delle immagini e del bianco lenzuolo rimarrà certamente impressa nel cuore dei presenti. Come, pure, il ricordo di quell’incursore trentaseienne tenente romano Alessandro Romani, “un armadio, alto 1.90”, che prima della sua ultima azione (finalizzata alla cattura di un gruppo di terroristi afghani) si raccomandò alle preghiere di don Paolo, al quale, poche ore dopo, toccò, purtroppo, di assisterlo nell’ospedale “Role 2”di Farah, mano nella mano, per tutta la durata dell’intervento, 4 ore e mezzo, fino all’ultimo respiro, avvenuto per arresto cardiocircolatorio.
“Anche questo fa un Cappellano militare, ma soprattutto aiuta i suoi compagni, dormendo con loro, a vivere sereni e li incoraggia a non demordere mai e a lottare per costruire la pace”. “Si vis pacem, para pacem” e non “bellum”, come dicevano gli antichi romani, afferma Saverio Ciavarella, presidente dell’associazione promotrice, nel suo intervento conclusivo. Il quale, per l’occasione, ha affidato alcuni fischietti in terracotta, simbolo di pace, solidarietà e amore tra Italia e Afghanistan, realizzati da due Maestri figuli (Dino Valentini e Patrizia Capasso) a don Paolo Solidoro. “Mi impegno a consegnarli personalmente al Presidente Karzai e all’ambasciatore italiano a Kabul, non appena tornerò in terra afghana”.
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