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PROCEDIMENTO PENALE GIGLIO-LIOCE, DIECI TECNICI DOMANI IN PROCURA

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di Gianni Nicastro


Il 9 luglio 2010 chiesero all’ingegnere comunale Erminio D’Aries e al sindaco di Rutigliano Roberto Romagno di “dare una interpretazione univoca tale da non ingenerare dubbi” del “concetto di precarietà” in relazione all’art. 34 delle Norme Tecniche di Attuazione del PRG. A questa richiesta, fatta da sei architetti, tre ingegneri e un geometra (quasi tutti di Rutigliano), D’aries, l’amministrazione comunale e i 12 consiglieri di maggioranza, risposero con l’approvazione di una delibera di “chiarimenti interpretativi” di quell’articolo e del concetto di strutture in precario.

L’approvazione di questa delibera di consiglio comunale (la minoranza votò contro), avvenuta il 20 settembre di quello stesso anno, fece scalpore, perché i chiarimenti che conteneva calzavano a pennello, giustificavano la struttura in legno lamellare che sovrasta il “punto di ristoro” di proprietà del sig. Pietro Giglio messo sotto sequestro per abuso edilizio alcuni mesi prima, esattamente il 2 marzo del 2010. Tanto quella delibera interpretativa calzava con la “struttura in precario” del punto di ristoro sequestrato, che il Giglio (committente) e il Nicola Lioce (progettista) se la sono subito spesa a proprio favore nel procedimento penale in corso da due anni e che li vede imputati del reato di abuso edilizio.

Nell’ambito di questo procedimento penale, la Procura della Repubblica di Bari ha voluto sentire -come persone informate dei fatti- i dieci tecnici che hanno dato l’input a quella delibera interpretativa con la loro richiesta. L’appuntamento con la Procura è per domani mattina. A Bari si recheranno tutti e dieci per essere, forse uno alla volta, “interrogati”. Perché la Procura abbia voluto sentire quella decina di tecnici, non ci è dato sapere; ma non è difficile immaginarlo, basta chiedersi cosa lega -in qualche modo- quei tecnici al processo Giglio-Lioce. Il legame è, molto probabilmente, quella delibera interpretativa del concetto di precarietà e l’uso che ne hanno fatto i due imputati.

Ora, non sappiamo come andrà a finire questa vicenda, sappiamo solo come sta evolvendo, e quello che è successo nell’ultima udienza del processo (il 18 ottobre scorso) potrebbe segnarla in modo decisivo non solo sul piano processuale, ma anche su quello amministrativo. Ne abbiamo accennato nella cronaca dell’ultima udienza del processo in questione. Il PM, in quella sede, ha mostrato un documento che è la risposta dell’Assessorato alla Qualità del Territorio della regione Puglia a una precisa richiesta di informazioni fatta dalla stessa Procura ad aprile del 2011. Alla regione il magistrato ha chiesto se la delibera interpretativa n. 53 del 20.9.2010, con cui il consiglio comunale risponde alla richiesta di chiarimenti fatta da quei dieci tecnici, sia legittima, cioè sia stata approvata seguendo una procedura amministrativa corretta. La Procura evidentemente ritiene quella delibera una sorta di integrazione alla disciplina urbanistica. Da quello che si è potuto capire dall’intervento del PM nell’udienza del 18, la regione ha risposto che quella delibera introduce a tutti gli effetti una integrazione all’art. 34 delle Norme del PRG. Quell’atto, secondo la regione, avrebbe dovuto seguire un iter amministrativo diverso: prima adottato dal consiglio comunale poi approvato della regione. Avrebbe dovuto, in sostanza, seguire l’iter amministrativo stabilito nell’art. 16 della Legge Regionale 56/1980. Quella delibera andava, dunque, trattata come una variante al PRG, con tutto quello che questo significa sul piano dell’iter amministrativo di approvazione.

Se abbiamo capito bene quanto riferito dal PM nell’ultima udienza del processo Giglio-Lioce, la delibera interpretativa del concetto di precarietà è illegittima. Alla richiesta di chiarimenti di quei dieci tecnici l’amministrazione e i 12 consiglieri di maggioranza hanno risposto velocizzando i tempi, trattando quella materia come fosse una delle tante su cui il consiglio è chiamato ad esprimersi.

Saranno coincidenze, ma la sequenza temporale di alcuni fatti è interessante. IL 28 giugno 2010 Giglio e Lioce sono rinviati a giudizio, il 9 luglio 2010 (cioè 11 giorni dopo) quei tecnici richiedono l’interpretazione autentica del concetto di precarietà, il 20 settembre successivo il consiglio comunale approva la delibera interpretativa, il 13 ottobre seguente comincia il processo per abuso edilizio al committente Giglio e al progettista Lioce. Dalla richiesta di chiarimenti all’approvazione della delibera chiarificatrice sono trascorsi poco più di due mesi; se l’amministrazione avesse seguito l’iter di cui parla la regione ci sarebbe voluto un anno e forse più. Troppo tardi.

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