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IL COMUNE PAGA 14.000 EURO PER UNO STRANO INCARICO LEGALE

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di Gianni Nicastro


Veniamo subito al sodo. Il Codice del processo amministrativo (D. L. 104/2010) dice che “per i giudizi davanti al Consiglio di Stato è obbligatorio il ministero di avvocato ammesso al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori (art. 22, ‘Patrocini’, comma 2)”. Un privato, o un comune, che voglia appellare una sentenza di un qualsiasi TAR al Consiglio di Stato o difendersi in un appello deve, dunque, incaricate del ricorso/difesa un avvocato abilitato a farlo, cioè un avvocato cassazionista.
La domanda che ci poniamo è: un comune può conferire mandato per una causa al Consiglio di Stato a un avvocato non abilitato anche se congiuntamente a un altro avvocato abilitato al patrocinio dinnanzi alle Magistrature Superiori? Non sappiamo con certezza se può farlo, ma risulta alquanto strano il fatto che alla fine ad emettere fattura, per il patrocinio svolto, sia solo l’avvocato non cassazionista. E’ quello che, pari pari, è successo al comune di Rutigliano con la “liquidazione a saldo” di una fattura di 12.952 euro (e acconto di 1300) che dovrebbe già essere stata incassata da un avvocato non cassazionista per una causa al Consiglio di Sato.

LA CAUSA
In sintesi la storia è questa. Il 26 giugno scorso il comune di Rutigliano ha perso al Consiglio di Stato un ricorso che aveva vinto tre anni fa al TAR in qualità di parte resistente. Una questione di mancato riconoscimento del passaggio di intestazione di un diritto di superficie su suolo demaniale del cimitero, riconoscimento negato nel 2006 dal Responsabile comunale Aree Cimiteriali a una famiglia di eredi di Rutigliano che ne impugnarono il provvedimento al TAR nel ’07. Il Tar quello stesso anno respinge la domanda cautelare fatta dagli eredi e nel ’08 rigetta completamente il ricorso. Il comune, quindi, vince la causa al TAR con una difesa affidata all’avv. Jolanda Margherita Valente. Gli eredi non demordono e a ottobre del 09 appellano la sentenza del Tar chiedendo al Consiglio di Stato di riformarla e qui, come già detto, il comune perde in via definitiva.

NON FIRMA IL MANDATO, MA FIRMA LA MEMORIA
Per difendersi in secondo grado il comune ad ottobre 2009 “determina di conferire all’Avv. Jolanda Margherita Valente congiuntamente all’Avv. Filippo Giampaolo (…) l’incarico di difendere la Pubblica Amministrazione nel giudizio di appello dinnanzi al Consiglio di Stato” promosso da quegli eredi. Perché l’incarico alla Valente è congiunto? Perché il Filippo Giampaolo è “abilitato al patrocinio dinnanzi alle Magistrature Superiori”, la Valente no.
La cosa strana in tutta questa vicenda è che, dalle carte, sembra che il titolare dell’incarico legale non sia l’avvocato cassazionista abilitato, ma quello non abilitato, cioè la Valente. E’ questa che a luglio scorso manda la fattura al comune. C’è, infatti, una determina dell’Ufficio Contenzioso del nostro comune (la 693 del 3 settembre 2012) che ha per oggetto proprio la “Liquidazione saldo competenze professionali Avv. Jolanda M. Valente”. Nelle premesse si legge “che la professionista, avendo concluso l’incarico” il 31 luglio scorso “ha chiesto il pagamento del saldo delle competenze professionali per l’attività svolta in favore del Comune”. Qui dell’altro professionista non c’è traccia, eppure il titolato a patrocinare la causa in appello è proprio l’avv. Filippo Gianpaolo, non la Valente. E’ il solo Giampaolo che firma il mandato sulla “memoria difensiva”, non la Valente, ed è sempre e solo il Giampaolo che figura nella sentenza del Consiglio di Stato come difensore del comune. Da quella determina, invece, sembra che il lavoro l’abbia svolto la Valente da sola, che è avvocato non titolato al patrocinio anche se, stranamente, nella memoria difensiva viene citata sempre prima del Giampaolo, così come risulta intestataria del mandato, insieme e prima del Giampaolo, ma non firmataria dello stesso. L’altra cosa strana è che la Valente non firma il mandato presente sul  frontespizio della memoria difensiva, ma firma in calce alla stessa e sempre prima del Giampaolo.

LA FATTUTA A ME
La responsabile dell’ufficio contenzioso con la 693 determina, dunque, “di impegnare, liquidare e, per effetto, pagare in favore dell’Avv. Jolanda Margherita Valente (…) la somma di € 12.952,40”. E l’avvocato che ha firmato il mandato, che figura nella sentenza, l’unico abilitato, titolato al patrocinio, il Giampaolo, chi lo paga? Qui la stranezza è ancora più “strana”.
Il 29 ottobre, sei giorni dopo che la giunta comunale decide di costituirsi in appello, l’avv. Valente manda all’ufficio contenzioso una nota con la quale si rende disponibile ad accettare l’incarico che gli è stato sollecitato da una comunicazione del 27 ottobre partita dallo stesso ufficio. Il 30 ottobre, cioè lo stesso giorno in cui quella nota viene dal comune protocollata, l’ufficio “estende” l’incarico legale alla Valente e al Giampaolo.
La cosa strana, appunto, è che l’avv. Valente nella sua nota chiede lei “cortesemente che venga conferito mandato congiunto ad altro professionista”, fa lei il nome dell’avv. Filippo Giampaolo ma non dice il perché chiede di estendere l’incarico a questi.  Dice solo che è domiciliato a Roma, non dice che lei non è abilitata a patrocinare il comune in quella causa, come -crediamo- sarebbe stato giusto (forse anche corretto). Una cosa però la dice, l’avv. Valente, in quella nota. Preannuncia che “tale conferimento”, cioè l’estensione dell’incarico all’avv. Giampaolo, “non comporterà alcun aumento tariffario ai fini del compenso, ritenendo unico referente nella fatturazione la sottoscritta”. L’avvocata conclude restando “in attesa del riscontro”. Il riscontro, come appena detto, è arrivato esattamente il giorno dopo attraverso la determina del 30 ottobre (la n. 869) con la quale la responsabile dell’ufficio contenzioso conferisce l’incarico a lei e al cassazionista.

LE PERPLESSITA’
Ora, in una causa del genere l’avv. Valente non poteva firmare nessuna carta direttamente, tanto meno notificare direttamente alcunché, pena l’invalidazione degli atti e provvedimenti disciplinari da parte dell’Ordine degli Avvocati, come è successo altrove (Sent. C. di S. 01631/2012).
Perché, allora, il comune ha incaricato lei e non direttamente e solo quello abilitato, cassazionista? Qual è stato il ruolo svolto dall’avv. Valente nell’appello appena perso, solo quello di prendere i soldi? Se l’incarico fosse stato dato solo all’avvocato abilitato al patrocinio, il comune avrebbe risparmiato sulla parcella? Se lo decide lei, sulla base di quale criterio la giunta comunale affida un incarico legale o suggerisce al funzionario il nome di un avvocato?

NON SI SA SE SIA STATO PAGATO

Qui la cosa strana non è solo quella di aver incaricato anche, e innanzi tutto, un avvocato non abilitato. La cosa più strana è che il titolato a quel patrocinio, il Giampaolo, sia stato pagato per interposta persona, che sia stata la Valente a pagarlo e non il comune direttamente come crediamo sarebbe stato più formalmente (e forse anche sostanzialmente) ortodosso. Infine, noi diamo per scontato che l’avv. Giampaolo sia stato pagato, anche se questo non risulta da nessun atto amministrativo. Ma, nell’ipotesi il cassazionista non abbia beccato neanche un euro per il lavoro svolto, sarebbe nelle condizioni di mandare lui la sua parcella al comune di Rutigliano?
Forse delle spiegazioni, su una vicenda che suscita perplessità da qualsiasi lato la si guardi, la giunta comunale e il responsabile dell’ufficio contenzioso è il caso che le diano, così come sarebbe opportuno che -giunta e funzionario- si sincerino sull’effettivo, avvenuto, pagamento del cassazionista. Non vorremmo che -tra qualche anno- il comune si ritrovasse con un debito fuori bilancio da pagare, insieme a tutti gli interessi.

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