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I GIOVANI, LA LAUREA, IL POSTO FISSO E LA SPENDING REVIEW

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di Andrea Costanza


Poveri noi. Sebbene animati da belle speranze, noi giovani siamo talmente scalognati da assomigliare in tutto e per tutto a Wile Coyote. Costretti a guardare Beep Beep (alias futuro) mediante binocolo, cerchiamo di vivere alla giornata (tra studio e cazzeggio, eh) sperando che Qualcuno possa consegnarci la risoluzione dall'alto (avrete notato la Q maiuscola. Senza la lettera servile, presente in parole tipo “porLe” o “arrivederLa”, diciamolo pure: ma 'ndo vai? Il nostro benefattore ne terrà conto? Sperem).

Ovvio, dietro una risoluzione c'è sempre un quesito da sbrigliare. In questo caso, altro che quesito: trattasi di enigma. Il quale può essere riassunto così. Papale papale: “Io Tizio, Caio, Sempronio, come farò a campare decentemente da qui ai prossimi, chessò, 50, 60 anni senza l'aiuto di babbo e mammà”? Mistero. Un vero e proprio rompicapo, la cui soluzione vale più del prodotto interno lordo di tutti gli Stati mondiali messi assieme. Per carità, in questa sede non ci azzarderemo a sfornare soluzioni di alcun tipo. Però qualche considerazione possiamo concedercela. Massì, spariamo; i nostri genitori sono dei cialtroni. Sono piccoli piccoli, proprio come la borghesia italiana nel suo insieme; piccola piccola (da genitori nani è difficile che nascano figli giganti o almeno di statura media).

Ma perché sono cialtroni questi genitori? Embè, ci hanno fatto credere che possa esistere un esercito equipaggiato di soli generali, senza soldatini: vogliono fare tutti l'avvocato, il magistrato, il medico, il docente universitario, l'ingegnere. E quindi ci hanno fatto credere che, mediante la laurea, avremmo potuto conquistare, in aggiunta all'onorabilità e al rispetto, anche il lavoro garantito dallo Stato. Certo, a differenza del lavoro, l'appellativo tipo “dottore” o “dottoressa” si conquista subito. Tuttavia, se ci pensate, è facile associarlo ad un pene, impegnato in un rapporto sessuale. Non basta possederlo; bisogna pure saperlo usare.

Ci hanno fatto assaporare il mito del posto fisso insito nel pubblico impiego: pura illusione. “Vai, vai figlio mio, lì troverai il paradiso terrestre. Pensa un po': si lavora poco e si sta tranquilli. E si guadagna pure, senza che tu venga licenziato”. Il problema è che l'eden sta morendo. Già, perché i nostri genitori (e noi figli appresso) non sanno o fanno finta di non sapere che è ormai un miraggio il posto fisso nella pubblica amministrazione. Il quale non è più quello (e sarà sempre peggio col passar del tempo) tipico delle ambientazioni alla Don Camillo e Peppone, che fungeva (e funge tuttora) essenzialmente da ammortizzatore sociale, specie al Sud.

Ai tempi di Giovannino Guareschi, attraverso l'immancabile spintarella del signorotto locale, bastava un fischio per entrare e restare a vita in magistratura, nelle forze armate, negli ospedali o nelle scuole ad insegnare (chiedetelo ai vostri genitori); adesso, ad andar bene, tra attività di corrutela, nepotismi, raccomandazioni, e coi posti che ormai scarseggiano, bisogna consegnare direttamente il culo. Sperando che non faccia troppo male.

Attualmente i dipendenti pubblici sono 3milioni e 250 mila, la cui età media, per via dell'interruzione dei concorsi, si attesta sui 48 anni (la cultura? Il sapere? Macché, sciocchezze per la piccola-medio borghesia italiana. La verità è questa: se non esistesse questo magico vocabolo, ossia “concorso”, le università probabilmente sarebbero vuote, deserte, silenziose, munite di aria purissima. Brezza alpina). In quest'ultimo periodo, però, il numero totale dei dipendenti pubblici dovrebbe scendere sotto la soglia dei 3 milioni. Il governo incarnato da Mario Monti, usufruendo delle maestranze ragionieristiche di Enrico Bondi, ha l'ambizione di tagliare la spesa pubblica andando a scalfire gli sprechi (spending review). Ergo: si licenzierà. Vogliono e vorranno colpire (e sarà sempre peggio) anche la carne viva, arrivando a sbattere fuori dalla mangiatoia pubblica gli “intoccabili”, ossia i dipendenti pubblici. Intendiamoci: non è detto che siano un male le misure d'austerità varate dal governo. I professoroni ripetono dalla mattina alla sera la solita solfa circa l'utilità dei tagli, mediante i quali potremmo ridurre finalmente la pressione fiscale. Non ci sono dubbi su una questione, però: l'intero modello sociale europeo, propriamente detto welfare, ne uscirà per sempre indebolito o addirittura sconfitto (in tutta Europa si sta decurtando il suo peso, non solo in Italia).

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