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I “MISTERI” DEL VENERDI’ SANTO

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di Rosalba Lasorella


Il Triduo Pasquale raggiunge il massimo dell’intensità nel giorno del Venerdì, quando hanno luogo le due processioni più importanti: i Misteri e il Sacro Legno, per anni tenute separate e adesso riunite in un unico lungo corteo.
La processione dei Misteri si fonda sul racconto della Passione di Cristo attraverso le statue che ne raffigurano le tappe ed i protagonisti principali: Gesù nell’orto, Gesù flagellato (alla colonna), l’Ecce Homo, Cristo carico della Croce, la Crocefissione, Cristo Morto (deposto in una teca) e Maria Addolorata, a cui si aggiungono la Pietà, la Veronica e Maria Maddalena. Queste sono conservate presso la Parrocchia Maria SS.ma Addolorata (fatta eccezione per le ultime tre che si trovano rispettivamente presso la Chiesa di S. Domenico, la Chiesa di S. Anna e la Chiesa del Carmine) e sono realizzate in cartapesta, tranne il ligneo Cristo Morto.

E’ possibile ipotizzare che le statue rispondano tutte alla medesima manifattura, da cui si esclude, però, il Gesù Crocifisso (forse la più antica) e l’Addolorata, la quale fu probabilmente commissionata negli anni in cui la Confraternita di San Rocco venne rifondata con il titolo di Confraternita dei Sette Dolori della Beata Vergine Maria ed ebbe una seconda approvazione da parte del Vescovo Mons. Filippo De Presbyteris nel 1747.

Dopo anni in cui alle statue dei Misteri era riservata una precisa ubicazione all’interno della Chiesa, le disposizioni ecclesiastiche optarono per sedi più riservate, nella paura che i fedeli potessero essere distolti dall’adorazione del culto reale. L’Addolorata, ad esempio, fu conservata presso la Cappella cimiteriale della Confraternita, da dove è stata recuperata circa 15 anni fa per essere restaurata assieme alle altre. Tra gli anni ’40 e ’50, le statue sfilavano la mattina e giravano sostenute dai devoti e soprattutto dai membri della Confraternita dell’Addolorata, nata come forma di devozione verso la figura di San Rocco prima e della Beata Vergine dei Sette Dolori poi.

La Congregazione, le cui regole sono riportate su un documento risalente al 2 Aprile 1719 (approvato tre giorni dopo dal Vescovo Mons. Filippo Meda) riunisce i confratelli impegnati nel rispetto totale del culto dei Santi a cui è intitolata ed ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella partecipazione ed organizzazione della processione dei Misteri: è del 23 febbraio 1902 una postilla (pubblicata da don Pasquale Pirulli nel suo testo “Il Culto di San Rocco a Rutigliano”) riguardante la richiesta del sig. Vito Sante Menelao di Paolo di portare la grande Croce durante la suddetta processione.

[…] dietro istanza del Sig. Vito Sante Menelao di Paolo, circa il diritto di portare la grande Croce nella Processione dei Misteri e del Santo Legno, la Confraternita concede il detto diritto al detto Menelao, vita sua durante, verso pagamento annuale di £ 4,25 che verranno consegnate nelle mani del Priore prima di uscire la processione dei Misteri, e con obbligo allo stesso d’indossare il sacco, la corona di spine e i sandali.

Ancora oggi le nere vesti che ondeggiano al ritmo lento e affaticato con cui le statue procedono, sono un fattore di grande impressione scenica e accrescono la drammaticità già insita nelle vicende della via crucis. Tra gli anni ’60-’70 si decise di spostare la processione dei Misteri alla mattina del sabato, ma l’iniziativa si rivelò fallimentare, perché assai scarsa era la partecipazione del popolo; adesso essa si svolge assieme a quella del Sacro Legno la sera del venerdì e coinvolge, oltre alle confraternite, la gran parte delle associazioni cattoliche del territorio.

Rientrati i Misteri, la famiglia si riuniva per consumare un pranzo rigorosamente essenziale: sulla tavola non mancava il calzone di cipolla, ma non si eccedeva in nulla. Il Venerdì Santo era, infatti, vissuto con un pathos forse superiore rispetto alla stessa domenica di Pasqua: gli uomini dimenticavano per un giorno la campagna e adempivano totalmente ai propri doveri da cattolici.
Nel pomeriggio sfilava l’ultima processione della settimana: il Sacro Legno, che aveva come punto di riferimento (iniziale e finale) la Cattedrale di S. Maria della Colonna e S. Nicola e alla quale partecipavano le confraternite, le associazioni e gli uomini ciascuno nella propria categoria: stzznr (figuli), muratori, falegnami, calzolai, mchrnr (letteralmente “maccheronai”, operai del pastificio) e così via. La gente seguiva alternando al silenzio canti lamentosi e vivendo il momento con un senso di rispettosa intimità, senza mai dimenticare il valore comunitario ed universale del messaggio divino.

Poi la notte calava e l’attesa della Resurrezione sfumava tra la stanchezza del giorno passato e l’ansia del giorno a venire.
E’ possibile affermare con certezza che il Venerdì Santo ha sempre avuto un significato importante ed era legato alle speranze e alle preghiere con cui la gente, e i più poveri in modo particolare, cercava rimedio alle proprie “sciagure”.
Secondo quanto riporta lo storico Lorenzo Cardassi, durante la Pasqua del 1876, caratterizzata da una grave siccità che aveva seriamente messo a rischio la sopravvivenza della popolazione locale e dei comuni limitrofi, si decise di apportare delle modifiche alla tradizionale processione del venerdì:

[…] in certi Comuni un banditore percorse le strade, annunziando che il giorno 21 Aprile, venerdì della settimana di Pasqua, doveva farsi in Rutigliano una processione di penitenza con la Sacra Imagine, da essi pure conosciuta e venerata. Ed in quel giorno, per noi segnalato, i forestieri vi accorsero a migliaia: l’affollamento fu grandissimo, anzi immenso e commovente. All’apparire della Imagine venerata sulla soglia della sua Chiesa, proruppe l’immenso popolo, nel numero di circa 10 mila, in un pianto dirotto, commoventissimo, generale, come di un sol uomo. I lamenti più strazianti poi furono dei più tormentati…dei poveri!

Trascorsi gli otto giorni di predica del Parroco Curato Sig. Primicerio Chiaia, pare che il 26 Aprile, senza alcun indizio di una pioggia vicina, il cielo si rannuvolò e piovve copiosamente per diverse ore: una pioggia benefica che avrebbe salvato Rutigliano dalla siccità, ma non dalla carestia che di lì a poco sarebbe sopraggiunta.
Quanto ci sia di vero e quanto di leggendario in questo racconto, non ci è dato saperlo; in ogni caso esso dimostra la profonda fede che ha da sempre accompagnato la comunità rutiglianese.

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