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LA “SETTIMANA SANTA” TRA PASSATO E PRESENTE

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di Rosalba Lasorella


Con la “Domenica delle Palme”, celebrata dai cristiani di tutto il mondo in ricordo dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, ha inizio la cosiddetta “Settimana Santa”, una settimana intensa e vissuta con profonda devozione dai fedeli, raccolti attorno al dolore della morte di Cristo, ma subito pronti a festeggiarne la Resurrezione.
Anche a Rutigliano, come in molti altri paesi, la Pasqua ha originato tradizioni ed abitudini, alcune andate perdute o trasformate dalle rinnovate esigenze della Chiesa e del popolo stesso; altre conservatesi e giunte fino a noi. Ricostruirne con esattezza le caratteristiche è un’impresa difficile, fondata più sulla memoria degli anziani e dei sacerdoti attivi da lungo tempo presso la nostra comunità, piuttosto che sugli scarsi documenti custoditi negli archivi.

Indubbiamente costante è sempre stata la partecipazione alle funzioni religiose, le quali raggiungevano la massima solennità durante i giorni del triduo pasquale: in tempi in cui la Chiesa Madre era sprovvista dei banchi da cui i fedeli avrebbero potuto assistere alle celebrazioni, l’unico modo per sedersi era quello di acquistare le sedie messe a disposizione dalla chiesa stessa. Si poteva scegliere di pagare per ogni singola funzione (al termine della quale occorreva restituire la sedia al sacrestano) o per l’intera settimana, trovando in molti casi un prezzo più conveniente. Le famiglie benestanti, che senza troppe difficoltà potevano assicurarsi un posto privilegiato, tenevano insieme le proprie sedie con un lucchetto, di cui si occupavano le servitrici prima e dopo le messe.

Il popolo, dunque, si riuniva per ascoltare la parola dei predicatori, solitamente forestieri, che in tempo quaresimale erano chiamati a “tradurre” il testo biblico per avvicinare i fedeli alla semplicità della parola di Dio.
La figura del predicatore ha origini antichissime, le quali risalgono alla costituzione medievale degli ordini mendicanti: tra domenicani e francescani, infatti, venivano scelti i predicatori che, in cambio di lauti compensi, assolvevano al compito di educare i fedeli al Vangelo.
Le lunghe prediche avevano luogo sulla castellana, una maestosa impalcatura lignea che si ergeva nella chiesa matrice dinanzi all’ingresso principale e che, secondo gli ultimi studi, costituiva una sorta di monumento funebre costruito negli ultimi giorni di Carnevale per commemorare le anime dei defunti; essa aveva forma quadrangolare, era circondata da altari e fioche candele e si restringeva fino alla sommità sulla quale campeggiava una croce. Dalla castellana, le cui prime attestazioni in terra rutiglianese risalgono al 1729,  il predicatore lanciava i suoi messaggi, spesso alternandosi -come in una specie di dialogo teatrale- con un altro predicatore posizionato sul pulpito. E’ nota, inoltre, la realizzazione ottocentesca, sempre nella Chiesa Madre, di una castellana più piccola, legata alla volontà del primicerio Giannangelo Settanni di soddisfare le richieste del legato Domenico Redavid.

I devoti, dunque, profondamente suggestionati dalle parole e dalle grandiose costruzioni, si immergevano nel clima intenso richiesto dalla Pasqua, preparandosi a vivere con sobrietà la Passione di Cristo in attesa della Resurrezione che ogni peccato avrebbe cancellato, ricompensando i fedeli dei sacrifici, materiali e spirituali, compiuti già dall’inizio del periodo quaresimale.
Scopriremo nei prossimi giorni quali ricordi sono sopravvissuti, come gli uomini e le donne del secolo scorso coltivavano e manifestavano la propria religiosa dedizione, cosa è cambiato e cosa rende la Pasqua il momento più significativo del calendario liturgico cristiano. Se ancora è così.

A fronte di eventuali inesattezze, invitiamo i lettori a contribuire con le proprie memorie ad arricchire (e correggere) questa complessa ricerca, perché capire chi eravamo rimane il primo fondamentale passo per capire chi siamo.

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