Uva al macero solo 300.000 euro dalla regione per i ristori, la delusione degli agricoltori
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- Pubblicato Venerdì, 23 Dicembre 2022 19:49
- Scritto da Gianni Nicastro
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di Gianni Nicastro
Ieri sera in sala consiliare si è riunito il CAUT (Comitato Agricoltori Uva da Tavola) alla presenza del direttivo e di una platea di agricoltori. L’incontro si è reso necessario per delle notizie interessanti che la presidente del CAUT, Antonella Nacherlilla, aveva da comunicare agli agricoltori.
La presidente ha informato la platea su quello che è successo in sede di approvazione del bilancio della regione Puglia, avvenuta nel consiglio regionale del 21 dicembre scorso, circa il ristoro chiesto a più riprese all’assessore regionale all’agricoltura Donato Pentassuglia in vari incontri.
In quel consiglio è stato presentato un emendamento aggiuntivo al bilancio a firma del presidente della commissione consiliare regionale all’agricoltura Francesco Paolicelli e di altri consiglieri regionali. L’emendamento è stato incorporato nella legge di bilancio all’art. 44 denominato “Sostegno al comparto dell’uva da tavola pugliese”. “1. Al fine -si legge nell’articolo- di far fronte alla crisi di mercato dell’uva da tavola pugliese è concesso un contributo in regime di de minimis, alle imprese agricole di detto comparto che hanno avviato alla distillazione le produzioni di uva da tavola non vendute nell’anno 2022, nel bilancio regionale autonomo, nell’ambito della missione 16, programma 1, titolo 1, è assegnata una dotazione finanziaria per l’esercizio finanziario 2023, in termini di competenza e cassa pari ad euro 300 mila”. “2. Con deliberazione della giunta regionale -si legge nel secondo comma- sono stabiliti i criteri e le modalità per l’accesso al contributo di cui al comma 1”.
C’è da dire che l’emendamento del consigliere Paolicelli indicava uno stanziamento di 500mila euro che i tecnici dell’assessorato hanno decurtato a 300mila euro.
Il ristoro dovrebbe andare all’azienda agricola che, non avendo venduto l’uva -sia con semi che senza semi- è stata costretta a portarla alle cantine a un prezzo irrisorio di 5-8 centesimi al kg. Se si pensa che i costi di produzione si aggirano tra i 50 e i 60 centesimi al kg, si capisce immediatamente qual è il livello del danno subito dagli agricoltori nell’annata dell’uva da tavola appena trascorsa. 300mila euro sono un’inezia, nulla a confronto della platea di agricoltori che hanno subito danni economici solo considerando Rutigliano.
Quel “de minimis” significa che la regione, in regime di bilancio autonomo, può erogare un contributo di massimo 20-25mila euro ad azienda agricola, il che significa che con quei 300mila euro solo 15 aziende possono essere ristorate, 15 aziende su centinaia solo tra Rutigliano e i paese limitrofi vocati alla produzione dell’uva da tavola e lo stanziamento è addirittura rivolto a tutta la Puglia. Insomma, se l’intenzione era solo quella di creare una posta in bilancio, va bene; se, invece, si vuole davvero ristorare un comparto, quello dell’uva da tavola, in questo momento in grandissima sofferenza per i piccoli e medi produttori, quello stanziamento è un insulto.
«Il risultato, prima di tutto, è di creare il capitolo. Abbiamo messo 300.000 euro, che non sono comunque, 50.000 euro, sono sempre 300.000 euro» mi ha detto stamattina il consigliere regionale Francesco Paolicelli. «Intanto dobbiamo avviare, questo era l’obiettivo; e l’obiettivo adesso -ha aggiunto Paolicelli- è che gli uffici avviino quanto prima, nell’arco della prima quindicina di gennaio, l’avviso per definire i criteri per la richiesta del ristoro. Se dovessero esserci richieste maggiori rispetto all’importo in bilancio troveremo il modo per rimpinguare quel capitolo, su questo, per fortuna, non ci sono problemi».
Insomma, Paolicelli è fiducioso. Se davvero entro gennaio prossimo la regione pubblicherà l’avviso con i criteri di accesso al ristoro vorrà dire che le intenzioni sono serie. Il banco di prova, però, della serietà di queste intenzioni sarà l’entità del "rimpinguamento" di quel capitolo di bilancio. Faccio qui solo un esempio di quello che potrebbe volerci considerando la sola platea di agricoltori iscritti nella chat di WhatsApp del CAUT. Tolti gli iscritti da altre regioni, il numero si aggira intorno ai 400 agricoltori che hanno subito danni per l’uva invenduta andata al macero o venduta a un prezzo al di sotto del costo di produzione. Se moltiplichiamo per 400 il massimo che si può avere con la formula del “de minimi” (20.000 euro), siamo di fronte a una cifra di 8milioni di euro. Se tutti dovessero soddisfare i criteri dell’avviso che sarà pubblicato, la vedo difficile per la regione.
Intanto il CAUT si sta organizzando, anche sulla spinta che viene degli agricoltori, che vogliono farsi sentire, vogliono manifestare tutte le loro difficoltà, il loro disagio di imprenditori che lavorano, investono risorse economiche, spesso a debito, senza rientrare nei costi a causa di un mercato controllato dalla grande distribuzione e dalle multinazionali delle uva senza semi brevettate, i famosi breeders, che impongono agli agricoltori costose royalties annuali per ettaro senza la garanzia di un prezzo di vendita dignitoso e della stessa vendita del prodotto. Un mercato che mette ai margini chi insiste nelle produzione di uve tradizionali, quelle con i semi, uve che non solo hanno fatto la storia agricola di questo territorio (uva Italia, Red Globe, Palieri, Vittoria…), ma che rappresentano la biodiversità in agricoltura contro l'omologazione anche nel gusto delle uve seedless.
E’ in calendario, per la fine di gennaio prossimo, una manifestazione a Bari che, da quello che si percepisce negli incontri, ha tutta l’aria di rappresentare, anche solo simbolicamente, la protesta dell’intero comparto ortofrutticolo non solo pugliese.
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