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2 novembre, si ripropongono ai più giovani racconti e leggende degli avi

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2-novembre-art tino

 

Il 2 novembre tornano alla mente a Rutigliano tradizioni superate, come quella della presenza delle “vecchine della preghiera” o ancora vive come la “tavola dei morti”. Si ripropongono ai più giovani racconti e leggende degli avi

di Tino Sorino

Nel giorno della commemorazione dei defunti, tornano a Rutigliano a rinnovarsi le tradizioni e a riproporsi racconti e leggende che hanno rappresentato lo spauracchio di tante generazioni. L’antico e sempre attuale culto dei morti si manifesta in tanti modi: c’è chi quasi ogni giorno raggiunge il cimitero (ormai un numero sempre più limitato) per mantenere un dialogo continuo con chi non c’è più; c’è chi non manca all’appuntamento domenicale portando fiori freschi per mantenere sempre fresca la memoria dei cari scomparsi e, c’è chi, almeno una volta l’anno, torna presso le tombe o le cappelle di famiglia per un ricordo, per una preghiera.

Anche quest’anno, il 2 novembre, non mancheranno i fiori e non mancheranno neanche le luci, anche se si dovrà fare i conti con le difficoltà del presente: non tutti pagheranno la “luce” dell’ottavario (una lampadina in più oltre quella votiva accesa nel cimitero tutto l’anno), perché sensibili alla necessità del risparmio non solo energetico. Vince comunque l’attaccamento alla tradizione. Nelle case ci sarà ancora chi come Lucia, come Lina, come la mamma dell’indimenticabile macellaio Antonio e come tante altre continuatrici della tradizione, prepareranno la “tavola dei morti” con l’acqua, il pane, il vino, il prezzemolo, la “colva”, la frutta fresca e secca, i dolcetti…

E ci sarà, forse, ancora qualche burlone che si divertirà a far sparire di notte qualcosa dalla “tavola”, per vedere la mattina la reazione stupita e un po' spaventata di chi l’aveva preparata. “Le anime sante sono passate e si sono fermate qui!! Si reciteranno rosari e preghiere, si faranno opere buone per guadagnare le indulgenze da applicare ai defunti in modo nuovo con una offerta magari alle Vincenziane, mentre nonni e bisnonni trovavano sotto i cipressi o davanti al cancello “i femin(e) di regghiem(e) etern(e)”.

Le donne delle “Requiem aeternam” erano donne anziane e povere, come Annecchia e Generosa, che durante l’ottavario rimanevano sedute nel cimitero tutto il giorno con in mano il rosario a recitare preghiere in latino maccheronico per ricevere offerte che andavano dai pochi centesimi delle monetine in bronzo dei più, alla mezza lira o alla lira dei benestanti. L’offerente indicava i nomi dei defunti per i quali chiedeva preghiere.

Narduccio Carbonara, classe 1926, 96 anni ben portati, ricorda il cimitero della sua infanzia, quando la strada per raggiungerlo, a partire dalla Divella era molto frequentato da persone che di lì iniziavano a recitare il rosario per terminarlo proprio davanti al cancello. “Allora”, sottolinea Narduccio, “il camposanto era piccolo, poco curato, con poche cappelle gentilizie, pochissimi cassettoni e tante sepolture, niente a che vedere con il “paradiso” di oggi”. Tra i racconti che tramandano le visite anche in corteo delle “anime buone” nel loro paese, c’è quello di Lucia Lamascese che ancora una volta ricorderà ai suoi dodici nipoti, dopo averlo fatto con i suoi quattro figli, tra le altre storie, questa strana avventura. 

“Una donna, la notte tra Ognissanti e il 2 novembre, si svegliò di soprassalto perché le era sembrato di sentire la campana della messa delle cinque e si alzò in fretta lasciando marito e figli senza far rumore, per non arrivare tardi in chiesa Madre. Si coprì con uno scialle bordeaux dalle lunghe frange e raggiunse la cattedrale dalla “porta degli sposi” trovandola aperta. La chiesa era gremita di persone dai vestiti variopinti, inginocchiate davanti all’altare, dove il sacerdote di spalle sollevava il calice. Pensando di aver fatto tardi, la donna batté più volte sulla spalla di chi era inginocchiato subito davanti a lei, per chiedere a che punto era la messa. Ma fu presa da grande terrore quando vide lo scheletro di un defunto con il teschio coperto da uno scialle e tutto lo scheletro avvolto in un velo. Cadde a terra svenuta e là rimase fino a quando non arrivarono i fedeli della messa delle cinque”.

La speranza è che a far rabbrividire i bambini di oggi non siano solo i mostri di Halloween ma le tante storie raccontate da nonni dallo sguardo rassicurante.    

 

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