Fischietto in terracotta e Grano Buono tra risorsa e futuro incerto. I Parte
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- Pubblicato Martedì, 12 Luglio 2022 11:27
- Scritto da Gianni Nicastro
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di Gianni Nicastro
Fiera del Fischietto in terracotta e Festa del Grano Buono, due importanti risorse che il comune di Rutigliano ha la fortuna di avere, collegate alla storia, anche antica, del suo territorio.
Rispetto alla Fiera del Fischietto l’impressione che ho è che si gestisce solo l’immediato dell’evento del 17 gennaio e del fine settimana successivo, poi tutto va nel dimenticatoio per un anno e ci si risveglia a gennaio successivo, a ridosso dell’evento e con un concorso nazionale del fischietto che non ha più l’appeal di un tempo, quando i fischietti erano satira, anche politica; quando erano molto più dissacranti rispetto al politically correct imperante oggi e quando la giuria popolare contava, determinava il vincitore. Ora non è più così, da anni la giuria popolare non vale nulla.
C’è anche un problema di attenuazione, se non scomparsa, della carica dissacrante, di sfottò, di presa in giro dell’autorità costituita, portato che i fischietti avevano un tempo. Oggi si è spesso di fronte a fischietti di personaggi politici che sembrano dei ritratti, delle sculture in terracotta col fischietto attaccato alla base e non sul deretano, che era tipico dei fischietti di una volta, satirici e sbeffeggianti l’autorità costituita (politici, carabinieri, preti, signorotti…). Insomma, si è perso o, perlomeno, io non lo noto più come prima, quel filo rosso che lega, o legava, la fiera del fischietto al carnevale (“ogni scherzo vale”), la festa più dissacrante del calendario. Si ricordi che il carnevale comincia intorno al 17 gennaio, giorno della Festa di Sant’Antonio Abate, ma anche -e forse non a caso- della Fiera dei Fischietti. Bisognerebbe recuperare questa tradizione, che diverte molto il pubblico. Ma questo è uno dei problemi.
L’altro problema, serio, è il numero delle botteghe figule De.Co., motore trainante della Fiera del fischietto e della tradizione, botteghe che si sono ulteriormente ridotte da sette a sei. Una perdita cominciata già da qualche anno e che ha visto dismettere antiche e prestigiose botteghe figule. Se si continua di questo passo, nel giro di uno o due decenni, Rutigliano potrebbe rimanere con meno botteghe di quanto già non sia o, addirittura, con nessuna.
Oltre alle difficoltà del settore, legate all’andamento dell’economia generale, oggi estremamente in crisi, c’è la difficoltà legata al mancato ricambio generazionale; le botteghe chiudono e non ne nascono di nuove. Non si vedono giovani che vogliano cimentarsi professionalmente con l’arte della terracotta; l’ultima, nuova, bottega è stata quella di Francesco Laforgia, nata circa una decina d’anni fa. Da allora, sul mercato della terracotta artigianale -o artistica- non si è affacciato nessun nuovo artigiano o artista.
A Rutigliano c’è un numero di persone che manipolano l’argilla da anni, che sono brave e propongono una soggettistica originale. Più che hobbisti sono OPI, operatori del proprio ingegno, il gradino -ritengo- che precede l’essere artisti. Sono figure al di fuori della legge, nazionale e regionale, che regolamenta il commercio su aree pubbliche, per stessa ammissione di queste leggi. Quindi non hanno da rispondere ai canoni del commercio, cioè l’apertura di una partita Iva e l’iscrizione all’artigianato o alla Camera di Commercio. Si tratta di operatori, non professionisti del commercio, che creano con le loro mani e il loro ingegno, in questo caso, sculture o manufatti in terracotta originali e non riprodotti in modo industriale. Figure spesso gestite dai comuni con appositi regolamenti che ne stabiliscono l’esposizione -ai fini della vendita- a determinate condizioni e limitazioni. Se il comune di Rutigliano si dotasse di un regolamento sulle feste e le fiere che comprenda una figura come l’OPI, che dia a questa figura l'opportunità di esporre e vendere in modo regolamentato il frutto del proprio ingegno, si darebbe agli stesi OPI la possibilità di misurarsi e, magari, di fronte a un prodotto che “tira”, si vende, di fare il salto di qualità, di strutturarsi come bottega De.Co. con l’iscrizione all’artigianato.
Questa possibilità, cioè un simile regolamento, potrebbe invogliare giovani che hanno una passione per la manipolazione dell’argilla a creare fischietti da cuocere, possibilmente, in un forno pubblico, messo a disposizione dal comune (ricordo che qualche tempo fa il comune ce l’aveva un forno nel Palazzo San Domenico). Poi, ci vuole una scuola che formi i giovani, o i ragazzi, alla manipolazione dell’argilla, con laboratori attrezzati per l’attività pratica. Accanto, data le possibilità di integrazione anche didattica tra scuola e territorio, oggi facilitata dall’autonomia scolastica, si potrebbe pensare ad istituire, in sinergia con gli istituti scolastici, una materia specifica, o un corso curricolare di manipolazione dell’argilla al quale gli studenti più motivati si possano iscrivere.
Bisogna pensare in prospettiva, al futuro dell’artigianato figulo, per evitare che tra qualche anno siano solo le bancarelle dei commercianti a rappresentare i fischietti di Rutigliano, fischietti, tra l’altro, di dubbia provenienza e di scarsa manifattura. Certo è che non è più possibile stare fermi, con le mani in mano, ad aspettare passivamente la Fiera di anno in anno.
Segue l'articolo sul Grano Buono di Rutigliano