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Lettera di Pasqua

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Sac. Pasquale Pirulli

don pasquale foto
Agli amici di rutiglianoonline indirizzo questa lettera, nel ricordo della tradizione secondo la quale, nella ricorrenza della Santa Pasqua, i pastori rivolgevano ai fedeli delle loro comunità una lettera di riflessione, di saluto e di augurio.
Per il secondo anno la Pasqua viene celebrata in modalità imposte dalla pandemia e questa dolorosa circostanza invita tutti noi ad una riflessione più silenziosa e pacata.     

È difficile parlare di risurrezione! Lo “scandalo” della risurrezione di Lazzaro  (meglio sarebbe chiamarla “reviviscenza”, cioè ritorno alla vita precedente!), raccontata poi dall’evangelista Giovanni (Gv 10, 1-44),  aveva suggerito alle estremiste ed esagitate autorità dei giudei prima di eliminare insieme al pericoloso maestro di Nazareth  anche Lazzaro di Betania, che era di nuovo vivo per opera sua, e poi di richiedere a Ponzio Pilato un manipolo di guardie per custodire il sepolcro del Nazareno onde evitare il trafugamento del corpo e la diffusione di una risurrezione (Mt 27, 62-66).

I testi dei quattro evangelisti (Marco, Matteo, Luca e Giovanni) insieme alla prima lettera di Paolo (l’ebreo Saulo che prima perseguitava i cristiani!) ai cristiani di Corinto (1 C, 15, 1-22), redatta verso l’anno 56 (cioè un 25 anni dopo i fatti!) comunicano i fatti che si riassumono nella “buona notizia” (vangelo) che il crocifisso morto alle ore 15 del 7 aprile 30 sulla sommità del Calvario (Golgota) “è risorto”, cioè “si è alzato”; “si è risvegliato”. I quattro evangelisti raccolgono i racconti (testimonianze!) diversi (le donne che sono andate di primo mattino al sepolcro, Maria di Magdala, i discepoli che verso sera hanno raggiunto il villaggio di Emmaus, quelli che insieme a Pietro sono nella casa dove hanno consumato l’ultima cena con il loro Maestro, quello cui è presente Tommaso dopo otto giorni, quello ancora sulle rive del lago di Tiberiade con la pesca miracolosa, ecc.) e tutti parlano di aver incontrato vivo colui che era certamente morto e sepolto.

Proprio la diversità delle tradizioni, la diversità delle modalità dei destinatari e degli stessi luoghi e degli orari degli incontri orientano verso la storicità di questa nuova esperienza, registrata la mattina del primo giorno dopo il sabato, cioè il 9 aprile 30. Il risorto inizialmente non è riconosciuto: da Maria di Magdala è scambiato per l’ortolano, i discepoli che si accompagnano a lui lungo la strada lo riconoscono soltanto quando egli ripete il gesto dello spezzare il pane! Spetta al risorto farsi presente e quasi aiutare i destinatari riconoscerlo. Non è un fantasma e non è un alieno! E’ lo stesso Gesù, quello che è stato crocifisso e che adesso si fa presente, mantenendo la sua identità. Infatti usa le stesse parole di prima chiamando per nome Maria di Magdala, conservando nel suo corpo i segni della passione quando invita Tommaso a rendersi conto della sua presenza. Proprio gli incontri pasquali opereranno il cambiamento dello stesso Simone Pietro, il quale aveva rinnegato il maestro nella sosta intorno al fuoco nel cortile della casa del sommo sacerdote (Gv 18, 15-27) e ne faranno il testimone della risurrezione il quale nel giorno di Pentecoste “alza la voce” e afferma che: «Gesù il Nazareno fu un uomo accreditato da Dio presso di voi con prodigi, portenti e miracoli, che per mezzo di lui il Signore operò in mezzo a voi, come voi ben sapete; Dio nel suo volere e nelle sua provvidenza, ha permesso che egli fosse consegnato a voi, per mano di empi senza legge, lo avete ucciso inchiodandolo al patibolo. Ma Dio lo ha risuscitato, liberandolo dalle doglie della morte, poiché non era possibile che la morte lo possedesse. […] Questo è quel Gesù che Dio ha risuscitato, e noi tutti ne siamo i testimoni». (At 2, 22-24)

Un solo pensiero sulla realtà della risurrezione di Gesù di Nazareth che bisogna del tutto distinguere da quella di Lazzaro e anche da quelle della figlia dodicenne di Giairo e del figlio della vedova di Naim. Questi ritornano alla loro vita precedente e Lazzaro sarà anche uno dei commensali alla cena in casa di Simone il lebbroso! (Gv 12,1-11).

 Gesù risorto nel suo corpo conserva i tratti della sua umanità che ha affrontato la passione e la morte (Gv 20, 26-29),attraversa le porte chiuse del luogo dove sono i suoi (Gv 20, 19-20), dopo aver benedetto e spezzato il pane per i discepoli di Emmaus scompare (Lc 24, 30-31), accetta e gradisce i segni dell’ospitalità (mangia il pane e il pesce arrostito!), si fa presente sulla riva del lago Tiberiade e prepara la colazione (Gv 21,4-15).

Il saluto in questa ricorrenza di Pasqua non può essere diverso da quello che lo stesso Gesù rivolse ai suoi: «Pace a voi!» (Lc 24, 36). Un saluto che poi si esplicita nella proposta di una convivialità: “Ma poiché per la gioia non riuscivano a crederci ed erano pieni di stupore, egli disse loro: «Avete qualcosa da mangiare?». Gli diedero un po’ di pesce arrostito. Egli lo prese e lo mangiò davanti a loro”. (Lc 24, 41-43).

L’augurio per tutti è quello di tornare a vivere la gioia della convivialità con i propri cari, con gli amici nella consapevolezza che la nostra storia attuale, anche se intrisa della paura e dell’incertezza, causate dalla pandemia, si apre alla speranza di una vita nuova, che sia sempre Pasqua (cioè “passaggio” verso la vita!).

 

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