Invito al libro. La giornata della Memoria
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- Pubblicato Lunedì, 27 Gennaio 2020 09:40
- Scritto da Sac. Pasquale Pirulli
Sac. Pasquale Pirulli
La letteratura di genere memorialistico o saggistico sul tema della shoah è un oceano sterminato. Per la prossima giornata della memoria mi soffermo a presentare due libri che ritrovo nella biblioteca domestica.
Il primo ha come autore Edward Russell 2nd baron of Liverpool (10 aprile 1895 – 8 aprile 1961), da non confondersi con il celebre matematico e filosofo Betrand Russell, il quale per la sua analisi ha a disposizione i documenti visionati durante la sua partecipazione (1946-1951) quale consulente al lavoro del Comando delle Forze Armate per i delitti nazisti dinanzi alla magistratura britannica. Il volume dal titolo «The Scourge of the Swastika- A short history of Nazi War Crimes» pubblicato da Cassell & Co. A Londra nel 1954 è tradotto in italiano da Luciano Bianciardi per la collana Universale Economica n. 284 dell’editore Feltrinelli di Milano.
Nella prefazione l’autore riporta le parole di sir Hartley Shawcross, capo dell’accusa della Gran Bretagna, al processo di Norimberga: «I difensori delle nazioni sconfitte riescono talvolta a giocare sulla compassione e sulla magnanimità dei loro vincitori, in modo tale che la verità dei fatti, mai registrata in maniera autorevole, si oscura e si dimentica. Basta pensare a quello che accadde dopo la fine della scorsa guerra mondiale, per comprendere i pericoli a cui è esposta, quando manchi un autorevole pronunciamento giuridico, la gente tollerante o credula. Col passar del tempo i primi tendono a minimizzare, forse per l’orrore stesso che destano, le storie di aggressione e di atrocità, mentre i creduli, forse sviati da una propaganda fanatica e disonesta, giungono a credere che non costoro (gli imputati), ma i loro oppositori si resero colpevoli dei delitti che vorrebbero condannare. Perciò noi crediamo che questo tribunale, agendo come noi sappiamo che agirà con completa obiettività giuridica, anche se è stato nominato dalle Potenze vittoriose, saprà dare insieme una pietra di paragone e un documento autorevole e imparziale a cui gli storici futuri possano volgersi per avere la verità, e i politici futuri per trarre un ammonimento».
Egli ha avuto la possibilità di visionare i documenti dei vari processi istruiti sui delitti di guerra perpetrati nella zona di occupazione britannica e poi ancora sulla collaborazione di René Massigli, ambasciatore di Francia, di Du Parc Locmaria, ambasciatore del Belgio, e del dott. Stikker, ambasciatore di Olanda, e di Mr. Anthony Somerhough, capo dell’ufficio britannico per i delitti di guerra in Germania.
Nel prologo si accenna alla pratica tedesca della “guerra totale” con “delitti di guerra in misura mai raggiunta prima” perché: «tali delitti erano eseguiti secondo un piano prestabilito e preconcertato, per terrorizzare e soggiogare le popolazioni dei territori invasi e occupati, per sterminare quegli elementi, fra di esse, che risultassero più ostili alla conquista e alla dominazione nazista». Si fa riferimento anche al “Führerprinzip” e al principio della “razza superiore” per realizzare l’obiettivo dell’egemonia mondiale. Non bisogna dimenticare quello che scriveva Hitler nel suo «Mein Kampf»: «Una razza forte schiaccerà le deboli, perché lo slancio vitale, nella sua forma definitiva, abbatterà le assurde barriere della cosiddetta umanità degli individui per l’umanità della Natura, la quale distrugge il debole per dare il suo posto al più forte». Le prime avvisaglie del terrore nazista si hanno negli anni 1933-1939 nella stessa Germania: «La soppressione della libertà di parola e di stampa, il controllo della magistratura, la confisca della proprietà privata, la restrizione dei diritti di pacifica riunione, la censura delle lettere e dei telegrammi, il controllo delle conversazioni telefoniche, l’irreggimentazione del lavoro, la negazione della libertà religiosa». Gli agenti di questa sistematica oppressione sono le SS, la SD, la Gestapo che riescono prima ad eliminare ogni opposizione interna. Nei confronti delle popolazioni occupate i nazisti procedono sistematicamente e scientificamente a realizzare la loro politica di oppressione: «La riduzione a schiavitù di milioni di uomini, l’uccisione e le sevizie di prigionieri di guerra, l’esecuzione in massa di civili, la fucilazione per rappresaglia di ostaggi e di prigionieri e la “soluzione finale” della questione ebraica…». La documentazione di questi delitti, caduta nelle mani degli alleati, dopo la sconfitta delle Germania, è inoppugnabile e sconvolgente: «Quando adibivano prigionieri di guerra a lavori proibiti, i tedeschi ne rilasciavano ricevuta alla rispettiva formazione militare; quando saccheggiavano, facevano chiari inventari del bottino; quando asfissiavano col gas gli ebrei e altra gente, mandavano rapporti particolareggiati al RSHA; quando fucilavano gli ostaggi, affiggevano liste sui pubblici edifici “pour encourager les autres”; quando compivano dolorose e disgustose operazioni su pazienti forzati nei loro campi di concentramento, ne redigevano accurate casistiche. Non appena avevano commesso questi delitti, ne raccoglievano e classificavano, con tipica accuratezza, le prove documentate». A proposito della poca coscienza che i membri delle SS avevano delle loro efferatezze si riporta la domanda che molti di loro, internati in un campo di prigionia alleato, fecero a un giornalista: «Che cosa abbiamo fatto, oltre il nostro servizio normale?». Un solo commento da parte di Lord Russell: «Se l’aver compiuto e favorito diversi milioni di assassini si può considerare come un servizio normale, allora essi avevano fatto poco di più!».
Una parola sulle famigerate SS, che nel 1929 erano appena 280, guidate dal Reichsführer Heinrich Himmler e che poi quando Hitler conquistò la Cancelleria raggiunsero il numero di 52 mila uomini e il suo nucleo principale detto “Allgemeine” allo scoppio della guerra contava ben 240.000 individui di pessima fama. Ecco la loro filosofia di azione: «Noi adempiremo incessantemente il nostro compito di garantire assoluta sicurezza alla Germania dal di dentro, come la Werhmacht garantisce la salvezza dell’onore, la grandezza e la pace del Reich dal di fuori. Avremo cura che mai più in Germania, cuore d’Europa, la rivoluzione giudaico-bolscevica dei subumani possa accendersi dall’interno o, attraverso emissari, dall’estero. Senza compassione, noi saremo una spada spietata di giustizia contro quelle forze della cui esistenza ed attività noi siamo consapevoli, il giorno in cui venga compiuto il minimo tentativo, oggi, fra dieci anni, fra un secolo».
Il Servizio di sicurezza o Sicherheitsdienst, conosciuto con la sigla SD, quale dipartimento del RSHA, era affidato a Reinhard Heydrich e svolgeva compiti di spionaggio e controspionaggio del partito nazista.
Alla Geheime Staatspolizie o Gestapo, fondata da Göring nel 1933 in Prussia, spettavano compiti di polizia politica.
Per tutti i nemici del nazismo si profilava l’ombra sinistra del campo di concentramento.
Nel libro viene ricostruito il primo atto della guerra che è l’aggressione alla Polonia preannunziato dal discorso tenuto da Hitler il 22 agosto 1939: «La distruzione della Polonia è in primo piano. Lo scopo è quello di eliminare le forze vive, non quello di raggiungere una certa linea. Vi fornirò un motivo propagandistico per cominciare la guerra, non importa se plausibile o no… .Temo solo che all’ultimo momento qualche porco proponga una mediazione… Il soldato troverà la strada aperta, dopo che io avrò compiuto la preparazione politica». L’«operazione Himmler» contro la stazione radio di frontiera Gleitwitz fu organizzata dai soldati della SD di Reinhard Heydrich e da quelli della Gestapo che dovevano fornire condannati a morte da travestire con divise militari polacche. Scatenata la guerra si realizzano gli eccidi con la complicità degli uomini del SD specialmente in Ucraina e in Crimea che sono così raccontati al processo di Norimberga: «L’umanità non dimenticherà presto la storia di quei perversi assassini: persino ad essi si voltò lo stomaco quando la porta dei carri della morte si aprì a fianco della fossa. Questi erano gli uomini che sedevano sull’orlo delle fosse anticarro, sigaretta in bocca, indifferenti, colpendo alla nuca le loro vittime nude, con le armi automatiche. Questi erano gli uomini. che, stando alla contabilità delle vittime che essi stessi ci hanno lasciato, assassinarono circa due milioni di uomini, donne, bambini». Il secondo capitolo «Sevizie e assassinio di prigionieri di guerra» a dispetto della Convenzione sui prigionieri di guerra firmata il 27 luglio 1929 racconta “il trattamento speciale” riservato loro: «linciati dai civili tedeschi, mandati nei campi di concentramento, passati per le armi se ripresi dopo una evasione, ed anche massacrati dopo che avevano deposto le armi e si erano arresi».
Il 26 maggio 1940 il 1° battaglione del 2° reggimento della divisione SS Totenkopf raggiunge il villaggio di Paradis dove ancora resistono i superstiti del 2° battaglione del reggimento Norfolk. Alle 11.30 il maggiore Ryler riceve la comunicazione del comando di brigata che lo informa che ormai i suoi uomini sono tagliati fuori da ogni possibilità di soccorso. «Verso mezzogiorno le munizioni erano esaurite e divenne impossibile ogni ulteriore resistenza, così il maggiore Ryler radunò le truppe superstiti e decise che si doveva tentare la resa. Un primo tentativo non ebbe successo. Fu compiuto da tre Norfolks che avanzarono allo scoperto disarmati e portando un drappo bianco. Questi uomini furono subito colpiti dai tedeschi. Fu fatto allora un secondo tentativo, che ebbe successo, e la resa fu accettata. Dal cimitero e dalle case circostanti circa cento sopravvissuti furono raccolti e fatti prigionieri dai tedeschi. Un certo numero di feriti gravi furono lasciati nelle cantine del comando di battaglione sotto la cura dell’ufficiale medico, e i rimanenti furono inquadrati sulla Rue Paradis e avviati in marcia verso ovest.
Dopo che ebbero percorso breve tratto, i prigionieri furono fermati e perquisiti. Durante la perquisizione furono sottoposti a varie offese e sevizie. Molti furono colpiti alla testa col calcio del fucile dai soldati delle SS i cui ufficiali, presenti, non si interposero.
… Dopo un notevole intervallo furono fatti marciare lungo la strada, senza che nessuno sospettasse, fino a un piccolo campo presso una fattoria. Qui doveva avvenire il massacro.
Dentro un campo erano piazzate due mitragliatrici, appartenenti alla compagnia n. 4 del battaglione Totenkopf e il comandante della compagnia, Fritz Knochlein, stava con un gruppo di ufficiali e sottufficiali sulla strada all’entrata del campo. A un suo ordine i prigionieri vi furono introdotti con le mani dietro la nuca. Allora Knochlein dette l’ordine di far fuoco, ordine che fu ripetuto dal Feldwebel (sergente) che comandava la sezione mitragliatrici. Ambedue le mitragliatrici aprirono il fuoco simultaneamente colpendo da destra a sinistra la colonna britannica che in quel momento marciava attraverso la linea di fuoco. I prigionieri furono falciati, alcuni caddero in una breve depressione del terreno, e ciò salvò probabilmente la vita dei due soli che sopravvissero, i soldati Pooley e O’Callaghan, ambedue feriti. Quando le mitragliatrici cessarono il fuoco, le truppe tedesche, baionette in canna, balzarono fra i corpi abbattuti e finirono tutti quelli che ancora davano segno di vita. Gli ufficiali e i sottufficiali spararono con i fucili e con le pistole.
Il proprietario della fattoria, che l’aveva abbandonata durante il combattimento, ritornò il giorno successivo e trovò oltre duecento bossoli vuoti nel luogo in cui erano state piazzate le mitragliatrici…. La compagnia di Knochlein non si curò neppure di seppellire i cadaveri e passò la notte celebrando il misfatto con una sbornia, a un tiro di pietra dalla scena del delitto. I corpi, più tardi seppelliti, furono esumati dalle autorità francesi nel 1942 e trasportati nel cimitero di Paradis. Al momento dell’esumazione ne furono identificati circa cinquanta; gli altri furono seppelliti in fosse anonime. Fu anche accertato, quando si esaminarono i cadaveri, che un certo numero di prigionieri fucilati erano stati leggermente feriti in battaglia, perché molti portavano ancora tracce di bende sulle mani, le braccia e le gambe». (pp. 31-32).
Un altro eccidio da parte dei tedeschi fu il massacro dei soldati americani che si erano arresi presso St. Vith al di là delle norme sui prigionieri di guerra. Dello stesso comportamento si rese responsabile il gen. Von Falkenhorst, comandante in capo delle armate tedesche in Norvegia, che commentava le disposizioni date da Hitler con questo comunicato: «Saranno severamente puniti i trasgressori… Se si. risparmia un uomo per gli interrogatori, questi non dovrà sopravvivere più di ventiquattro ore ai suoi compagni. Naturalmente devono essere tenuti lontani tutti i civili, la polizia norvegese e i membri indesiderabili della Wehrmacht. Tutti i comandanti sono tenuti al segreto assoluto… Se, in casi eccezionali, i sabotatori sono condotti alla riva, alla presenza di norvegesi o con il loro aiuto (p,es. guide, polizia), essi non devono essere fucilati sul posto, ma devono essere presi prigionieri e passati al più presto alle SD». In base a queste disposizioni vengono eliminati i due ufficiali e i dieci militari inglesi che il 20 settembre 1942 durante l’operazione “Moschettone” attaccano la centrale elettrica di Glamford in Norvegia e sono catturati dalla Gestapo. La stessa sorte tocca ai militari dell’operazione “Freshman” che nel novembre 1942 attaccano la stazione idroelettrica di Vermok che dopo essere stati catturati vengono fucilati. Anche gli inglesi (un ufficiale e sei militari) dell’operazione “Checkmate” furono imprigionati a Grini e poi furono trasferiti alcuni al campo di concentramento di Sachsenhausen e di Belsen dove cinque di loro furono fucilati poche settimane prima della resa della Germania. Sono registrati anche delitti di guerra in mare aperto in violazione delle leggi marittime di perquisizione dei convogli e con l’attacco proditorio dei sottomarini U-30 alle navi mercantili in esecuzione della strategia degli ammiragli Raeder e Dönitz. Si registra così il 3 settembre 1939 l’affondamento della nave passeggeri Athenia colpita dal sottomarino U-30 comandato dall’Oberleutnant Lemp senza nessun colpo di preavviso. Si deve all’ammiraglio Reader il manuale di strategia navale «Possibilità della futura guerra navale» approvato e reso esecutivo dall’anno 1939. Così il 30 settembre 1939 avviene l’affondamento del piroscafo danese Vendia.
Il volume di Lord Russell al capitolo quarto racconta “Le sevizie e assassinio della popolazione civile nei territori occupati” in violazione del “Regolamento dell’Aja circa le leggi e il costume della guerra terrestre” firmato durante la Conferenza della pace dell’Aja nell’anno 1907.
L’autore si sofferma anche sul lavoro forzato cui erano costretti i lavoratori stranieri deportati in Germania in base ad un decreto firmato da Göring ed esteso ai territori occupati. La Legge internazionale a proposito del lavoro forzato degli abitanti dei territori prescriveva: «E’ proibito requisire beni e servizi alla municipalità o agli abitanti, tranne che per i bisogni dell’esercizio di occupazione. Queste requisizioni saranno proporzionate alle risorse del paese, e di natura tale da non involvere gli abitanti nell’obbligo di prendervi parte a operazioni militari contro il loro paese». In un primo momento si propone il reclutamento volontario per andare a lavorare in Germania ma poi si ricorre alla frode, alla forza e al terrore. In Polonia il governatore Frank impose il trasferimento di un milione di lavoratori con operazioni di polizia contro i diversi villaggi e paesi: «Il rifornimento e il trasporto nel Reich di almeno un milione di lavoratori dell’industria e dell’agricoltura, maschi e femmine, - settecentocinquanta mila lavoratori agricoli, di cui almeno il 50 per cento donne – allo scopo di garantire la produzione agricola e di rimpiazzare i lavoratori dell’industria che nel Reich mancano».
Il capitolo sesto si sofferma sulla tragica realtà dei campi di concentramento. Furono organizzati fin dal 29 febbraio 1933 in esecuzione della «Schtzhaft» (custodia protettiva) e vi affluivano gli internati segnalati dalla Gestapo cui spettava il compito di «eliminare tutti nemici del partito e dello Stato nazionale» mentre la custodia spettava alle SS. Sono tristemente famosi i nomi delle località: Auschwitz, Dachau, Belsen, Buchenwald, Fossenberg, Mauthausen, Natzweiler, Neuengamme, Ravensbrück, Sachsenhausen.
È difficile e doloroso raccontare l’inferno di Auschwitz-Birkenau e lo hanno fatto i tanti testimoni sopravvissuti come Primo Levi, Anna Frank, Edith Bruck, Elisa Springer, Liliana Segre, Nedo Fiano, Eva Schloss, Georges Hyvernaud ecc. Ci sono anche film come: Schindler’s list, Jona che visse nella balena, La vita è bella, Train de vie- un treno per vivere, La fuga degli angeli, La settima stanza, Gli ultimi giorni, La tregua, ecc. Riesce indimenticabile la visita a questo luogo in cui l’umanità ha vissuto il suo più drammatico calvario di offesa e di sterminio, e solo il ricordo dei martiri della carità come i santi Massimiliano Maria Kolbe e Teresa Benedetta della croce, i beati Timoteo (Stanislaw Tymoteusz) Trojanowski, Tito Brandsma ecc. accendono luci di speranza perché del male non si perda memoria e gli uomini imparino ad essere fratelli.
Lord Russell si sofferma a descrivere il «Konzentrationlager Auschwitz» vera industria della morte in cui, secondo il calcolo del comando tedesco, non meno di tre milioni di persone furono uccisi nelle camere a gas. A descrivere la piccola cittadina polacca di Auschwitz (Oswiecen) di 12.000 abitanti situata in un contesto ambientale insalubre di stagni, basta questa espressione: «La vita l’ha evitata per mille anni poiché vi sta a guardia la morte”. Agli inizi il campo era formato soltanto da sei vecchie baracche e da una fabbrica di tabacco. L’organizzatore del campo è il Haupsturmführer delle SS Rudolf Höss.
Proprio la sua autodifesa redatta durante la detenzione nel carcere di Cracovia durante il processo che si conclude con la sua condanna a morte eseguita nel piazzale delle esecuzioni di Auschwitz, dal titolo «Comandante ad Auschwitz» con la prefazione di Primo Levi e un articolo di Alberto Moravia è il secondo libro sulle cui pagine mi soffermo. Rudolf Höss negli anni 1924-1928 era stato incarcerato nel penitenziario brandeburghese e dopo il rilascio era passato dagli Artamani alle SS (1929-1934). Rispondendo ad un appello di Himmler raggiunge il campo di Dachau con le mansioni di Blochführer e Rapportführer. Negli anni 1938-1940 è al lager di Sachsenhausen come aiutante di campo e Schutzhaftlagerführer. Per indicazione dell’Ispettore Glücks nel 1940 viene nominato comandate del campo di quarantena di Auschwitz dove rimane fino al novembre 1943 quando diventa capo servizio presso l’Ispettorato dei campi di concentramento.
A proposito degli ebrei egli nel suo memoriale «Kommandant in Auschwitz» egli scrive: «Per combattere spiritualmente l’ebraismo bisognava servirsi di armi più raffinate. Ero convinto che la nostra idea si sarebbe affermata sempre di più per la sua migliore e più efficiente forza… Ma a quel tempo ritenevo che fosse giusto punire gli ebrei che erano in mano nostra per la campagna sulle atrocità diffuse dai loro correligionari. Venne poi la "notte di cristallo", deliberata da Goebbels nel novembre del 1938, in segno di rappresaglia per l’uccisione di von Rath a Parigi ad opera di un ebreo; per tutto il Reich i negozi degli ebrei furono devastati, come minimo si fracassarono le vetrine e si proibì ai pompieri di intervenire a domare gli incendi delle sinagoghe, che erano sorti dovunque. "Per proteggerli dall’ira del popolo", tutti gli ebrei che ancora operavano nell’industria, nel commercio, negli affari in genere, vennero arrestati e portati nei campi di concentramento come "ebrei in custodia protettiva". Fu così che potei conoscerli in massa. Fino allora, Sachsenhausen era stata immune dagli ebrei: ora, d’improvviso, una vera invasione semita. Fino allora, la corruzione a Sachsenhausen era sconosciuta; ora si manifestò in tutte le forme, in tutti i campi. Per i "verdi" (i criminali), gli ebrei erano un oggetto di sfruttamento, e per questo il loro arrivo fu salutato con gioia. Si dovette confiscare il denaro di questi ebrei, per evitare che nel campo si diffondesse uno stato di caos. Gli ebrei cercavano di danneggiarsi l’un l’altro come potevano…In quel periodo parecchi ebrei mossi dalla disperazione per questo stato di cose, per trovare pace ai tormenti, si gettarono contro i fili elettrificati del recinto, intrapresero tentastivi di fuga per farsi sparare a ddosso, si impiccarono . La risposta di Eicke , quando il coman dante gli fece il suo rapporto su quanto avveniva, fu: "Lasciate fare. Che gli ebrei si divorino pure a vicenda"». (pp.112-114)
Nella sua singolare autodifesa il comandate Rudolf Höss dopo aver trattato della sua esperienza come comandante del campo di Auschwitz (pp. 87-139) aggiunge una appendice dal titolo “La «soluzione finale della questione ebraica» nel capo di Auschwitz” (pp. 171-190) scritta a Cracovia nel novembre 1946.
Parlando delle retate di ebrei eseguite sotto la direzione di Eichmann commenta la situazione dell’Ungheria in questi termini: «Eichmann aspettava dall’Ungheria circa tre milioni di ebrei, secondo i calcoli forniti dalla polizia ungherese incaricata degli arresti…Quando , nell’autunno del 1944, iniziammo le deportazioni a Budapest, in città non trovammo altri ebrei di sesso maschile che vecchi o ammalati. Nell’insieme, gli ebrei deportati dall’Ungheria non furono, probabilmente, più di mezzo milione».
Chiudiamo questa singolare rassegna con il caso dell’Italia: «Infine, Mussolini, a quanto si sapeva, aveva promesso l’estradizione degli ebrei italiani e di quelli che vivevano nelle zone della Grecia occupate dalle truppe italiane, sebbene non fosse stato fatto un calcolo del loro numero. Ma il Vaticano e la famiglia reale, e inoltre tutti i nemici di Mussolini, intendevano opporsi a ogni costo alla deportazione di questi ebrei». (p.190)
A conclusione di questa riflessione redatta nella vigilia della ricorrenza del giorno della Memoria in cui papa Francesco durante la preghiera dell’Angelus ha ammonito: «Si faccia la Giornata della Memoria perché mai più, mai più si ripeta l’orrore che offende l’umanità!», oltre ai due libri di Lord Russell e di Rudolf Höss, vorrei suggerire un pellegrinaggio ad Auschwitz e il recupero di un ultimo volume: «Pensaci, uomo» a cura di Piero Caleffi e Albe Steiner, Universale Economica Feltrinelli, n. 312 Saggistica.