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Lettera aperta all’on. Sen. Liliana Segre

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liliana-segre


Gent. ma e On.le Signora,
in questi ultimi giorni sei stata destinataria di volgari insulti antisemitici che hanno costretto le autorità di polizia ad assegnarti una scorta per la tua sicurezza che tu non hai mai richiesta. Ho ascoltato la tua spiegazione pacata della proposta di legge per una condanna dell’antisemitismo, inspiegabilmente non votata da alcuni schieramenti politici, e hai precisato che aveva la sola finalità di combattere l’odio. Mi è piaciuto il tuo stile personale che già nel passato aveva colpito il card. Carlo Maria Martini il quale così lo descriveva nella prefazione al tuo libro di memorie pubblicato da Emanuela Zuccalà: “Ho ascoltato Liliana Segre una sera di qualche anno fa. Mi colpì subito il suo modo pacato e oggettivo di parlare  di argomenti tremendi. Mi colpì anche la sua assenza di odio, il suo amore per la vita, la sua capacità di cogliere segni di vita anche in luoghi di morte”.  La decisione di assegnarti una scorta dopo questi volgari e minacciosi messaggi non fa onore alla nostra società, al popolo italiano che deve sempre condannare ogni forma di violenza sociale liliana-segre-1specialmente se unita a mancanza di umanità oltre che di socialità.

Sai, cara senatrice, sono stato in visita al campo di sterminio di Auschwitz-Brikenau e per me è stata un deciso richiamo all’umanità proprio percorrendo le tappe di una sconvolgente discesa nell’inferno dell’umanità segnate dai cerchi dell’orrore: quei forni crematori, quelle valigie  di cartone con i nomi dei proprietari, quei tallid o scialli di preghiera, quel mucchio di protesi e di occhiali, quei vestiti di bambini e quelle scarpette…

Tu sei arrivata in quell’inferno della umanità all’età di 13 anni nel febbraio 1944 e soltanto dopo aver superato per ben tre volte la drammatica selezione per la camera a gas, e aver affrontato la “marcia della morte”, sei stata liberata il 1° maggio 1945 a Ravensbrück e dopo quattro mesi sei tornata a Milano. Con coraggio hai ripreso in mano la tua vita e sei diventata nel tempo, sia pure vincendo le ombre della paura, sintetizzata nel numero 75190, che nel campo di sterminio annullava la tua persona, una testimone di quella umanità autentica che rifiuta ogni forma di odio. Vorrei sottolineare la tua pudica bugia nel rispondere a chi ti chiedeva spiegazione di quel numero impresso indelebilmente sul tuo braccio: “È una data importante; un numero ti telefono!” perché commenti: “Non era tempo, per me, di parlarne”. A chi ancora oggi vuol far tacere la tua voce sulla verità di una tragedia dell’umanità, tu hai risposto con dignità e decisa volontà di pace, come quando alla fine della tua via crucis ad Auschwitz, pur avendo tra le mani la pistola del tuo aguzzino ti sei rifiutata di sparare e hai scelto la vita.

Ancora grazie per questa fondamentale e umile lezione di umanità e di pace di cui ancora la nostra Italia ha bisogno.
Un cordiale saluto di stima sincera

Sac. Pasquale Pirulli
Parroco emerito di S.  Domenico       
Rutigliano 10 Novembre 2019   
      

Foto di Liliana Segre tratta da globalist.it
Foto nell'articolo tratta da cronachediordinariorazzismo.org

 

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