Viaggio in Amazzonia? Perché no!
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- Pubblicato Venerdì, 23 Agosto 2019 01:10
- Scritto da Sac. Pasquale Pirulli
Sac. Pasquale Pirulli
Tra i ricordi di infanzia c’è l’incontro avvenuto in Ancona forse nell’anno 1950 con Mons. Clement Geiger c.pp.s., prelato (1948-1971) del territorio situato sulle rive dello Xingù, uno dei principali affluenti del Rio delle Amazzoni. La sede della sua missione era Altamira e con passione ed entusiasmo ci parlava della sua esperienza missionaria tra gli indios e del rischio dei voraci piraňa e del grande fiume Rio delle Amazzoni.
Papa Francesco il 15 ottobre 2017 dà l’annuncio che la prossima Assemblea Speciale del Sinodo dei vescovi si terrà nei giorni dal 6 al 27 del mese di ottobre 2019 e avrà come tema: “Amazzonia: Nuovi Cammini per la Chiesa e per una Ecologia Integrale”.
A nessuno sfugge la crisi drammatica che si consuma nella foresta amazzonica causata dalla ingerenza umana predatoria e devastatrice proprio perché ispirata dalla “cultura dello scarto” e da una mentalità estrattivista. In queste ore girano sui social le foto di vasti incendi che stanno distruggendo questo polmone verde della terra.
L’Amazzonia è una vasta regione (multietnica, pluri-culturale e pluri-religiosa) e così si presenta come uno “specchio di tutta l’umanità” e avverte l’urgenza che per difendere la vita, quella del biosistema e degli abitanti, esige “cambiamenti strutturali e personali di tutti gli esseri umani, degli Stati e della Chiesa”.
Le riflessioni del «Documento preparatorio» e dell’«Instrumentum laboris», consegnate ai membri del Sinodo dei Vescovi, partono dall’Amazzonia ma interessano la Chiesa cattolica e tutto il pianeta.. Il Sinodo dei vescovi deve ascoltare cosa vuol dire “futuro sereno” e “buon vivere” per le future generazioni, e ancora interrogarsi come difendere la vita con le reti della solidarietà e dell’interculturalità, e quale è la missione della Chiesa in questo contesto.
Soffermandosi sulle azioni scandite e coordinate dai verbi «vedere-discernere-agire» non si porrà fare a meno di richiamare gli insegnamenti di tre documenti fondamentali di papa Francesco: l’esortazione apostolica “Evangelii gaudium” (2013) , l’enciclica “Laudato si’: sulla cura della casa comune” (2015) e la costituzione apostolica “Episcopalis communio” (2018).
Si tratta prima di tutto di conoscere il territorio che nelle sue coordinate geografiche si presenta così: “Il territorio dell’Amazzonia comprende parte di Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname e Guyana francese in un’area di 7.8 milioni di kmq, nel cuore del Sud America. Le foreste amazzoniche coprono circa 5.3 milioni di kmq, che rappresentano il 40% della superficie globale delle foreste tropicali. Questo è solo il 3,6% della superficie delle terre emerse della terra, che occupano 149 milioni di kmq, ovvero circa il 30 % della superficie del nostro pianeta. Il territorio amazzonico contiene una delle biosfere geologicamente più ricche e complesse del pianeta. La sovrabbondanza naturale di acqua, calore e umidità fa sì che gli ecosistemi dell’Amazzonia ospitino dal10al 15% della biodiversità terrestre ed immagazzinino tra i 150 e 200 miliardi di tonnellate di carbonio ogni anno… Anche il cosiddetto “Massiccio della Guayana (L’Isla de la Guayana), delimitato dai corsi dell’Orinoco e del Rio Negro. dal Rio delle Amazzoni e dalle coste atlantiche dell’America del Sud , fa parte di questo sistema”. Giustamente si può parlare di “Amazzonie” e anche di “Panamazzonia” a significare prima la pluralità dei contesti ambientali e antropologici e anche l’interscambio e la complessità delle problematiche che ne derivano.
Per le popolazioni indigene della regione amazzonica si deve annotare che esse sono articolate e unificate dall’unico elemento che è l’acqua.
Per quanto riguarda l’ambiente antropologico si deve notare che: “Nei nove Paesi che compongono la regione panamazzonica si registra la presenza di circa tre milioni i indigeni, che rappresentano quasi 390 popoli e nazionalità differenti. Inoltre esistono nel territorio, secondo dati delle istituzioni specializzate della Chiesa (per es. il Consiglio Indigeno Missionario del Brasile) e altre, fra i 110 1 i 130 Popoli Indigeni in Isolamento Volontario (PIAV) e 2popoli liberi”. In aggiunta, negli ultimi tempi, sta facendo la sua comparsa una nuova categoria costituita dagli indigeni che vivono nel tessuto urbano, alcuni dei quali restano riconoscibili mentre altri in quel contesto tendono a dissolversi e per questo sono chiamati “invisibili”. Ognuno di questi popoli rappresenta un’identità culturale particolare, una ricchezza storica specifica e un modo peculiare di guardare la realtà e ciò che li circonda, nonché di rapportarsi con tutto questo a partire da una visione del mondo e da un’appartenenza territoriale specifiche”.
Quindi sono presenti diversi contesti umani e ambientali. La diversità socioculturale deriva dal fatto anche prima i popoli si insediavano nelle foreste e poi sulle sponde dei fiumi e dei laghi. Quindi è fondamentale il rapporto dei popoli amazzonici con la terra e con i fiumi. Attualmente i pericoli derivano da i grandi interessi economici, dalla contaminazione dei fiumi e dei laghi, causata dai prodotti agrotossici, dallo spargimento del petrolio, dall’attività mineraria, dai derivati della produzione di droghe), dal narcotraffico.
Ancora il fenomeno dell’urbanizzazione caotica e forzata si ripercuote negativamente sulla vita delle popolazioni indigene della regione amazzonica. Non bisogna tralasciare anche il fatto che i flussi migratori degli indigeni si accompagna al sorgere di atteggiamenti xenofobi.
Le popolazioni sono sfruttate perché “il guadagno è più importante della dignità umana” e quindi si diffonde il traffico delle persone (specialmente delle donne avviate alla prostituzione).
Bisogna riconoscere che lo sviluppo economico ha danneggiato non solo la ricchezza ecologica della regione (foresta-acque) ma ha impoverito la realtà sociale e culturale dei popoli indigeni.
Il documento preparatorio del Sinodo dei Vescovi alla fine propone una serie di domande che devono provocare la riflessione delle comunità ecclesiali della regione panamazzonica e della Chiesa intera. Ci si interroga sulle minacce e le difficoltà che riguardano la vita, il territorio e la cultura. Si arriva a proporre il “modello di una Chiesa amazzonica” alla luce dei valori che si possono scoprire in questa lontana realtà: valori ambientali, valori umani e valori religiosi. Una seconda serie di domande riguarda la presenza della Chiesa nel contesto delle popolazioni amazzoniche con l’impegno di promuovere un’ecologia integrale, cioè ambientale, economica, sociale, culturale e della vita quotidiana. Nella terza parte delle domande ci si chiede quali sono i tratti di una Chiesa per la regione amazzonica e come risolvere la grande sfida dell’impossibilità di celebrare l’Eucaristia in modo frequente e in tutti i luoghi. Quale può essere il ruolo dei laici ed anche delle donne che potrebbero svolgere ministeri pastorali nuovi. Per una Chiesa in uscita è decisivo anche il contributo dei mezzi di comunicazione per “aiutare a costruire una Chiesa dal volto amazzonico.
Alla fine di questa nota informativa mi piace ricordare Mons. Erwin Kräutler il terzo successore di Mons. Clement Geiger nominato all’inizio, il quale arrivò nella Prelatura del Xingù nel 1965 e ne divenne vescovo nel 1981 succedendo allo zio Enrico Kräutler (1971-1981) e poi ha retto la diocesi fino all’anno 2015. Questi tre vescovi nati in Germania hanno lavorato nell’Amazzonia sono membri della Congregazione dei Missionari del Prez.mo Sangue. Più di una volta Mons. Erwin è sfuggito a attentati da parte di fazendeiros perché schierato nella difesa degli Indios e ha fornito a papa Francesco le corrette informazioni circa «la perdita della biodiversità nella regione amazzonica» (cf Laudato si’, nn., 32-42). Egli pur da vescovo emerito grida ancora contro le violenze fatte all’ambiente e agli gli indigeni e auspica che la Chiesa risolva con sapienza pastorale la complessa problematica dell’annuncio del Vangelo, della presenza della Chiesa a salvaguardia dei valori della vita, della cultura e della fede tra i popoli della regione amazzonica.