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Come si celebrava la “Festa della Croce”, negli anni '40 -’50 del Novecento

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processione-croce-2018

 
di Tino Sorino

Rutigliano, centro mariano, profondamente legato al culto di San Nicola, suo patrono e al Santissimo Crocifisso, venerato nel Santuario dei Cappuccini  fin dal 1630, la cui solenne celebrazione liturgica ricorre  il 14 settembre, Festa dell’Esaltazione della Croce. Ma è anche il paese, dove da tempi lontani, il 3 maggio si rinnova la “Festa della Croce” o “dell’Inventio Crucis”, solennità che rievoca il ritrovamento a Gerusalemme della croce (su cui era stato appeso Gesù), da parte di Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, croce che lei stessa porterà a Roma, città dove fece costruire una Basilica dedicata alla Santa Croce di Gerusalemme che custodisce la reliquia della croce. processione-croce-2018-1

“Negli anni ’50 del Novecento”, ricorda Pasquale Gasparro, studioso delle tradizioni popolari e della storia locale, “molto forte era la devozione per la Croce, al punto che, la vigilia del 3 maggio, gruppi di fedeli rutiglianesi e forestieri (provenienti per lo più da Noicattaro, Mola di Bari, Capurso, Triggiano e anche dal nord barese), dopo aver percorso diversi kilometri a piedi o con carri trainati da cavalli, si accampavano già nelle prime ore dell’alba nei pressi del Santuario. Dopo una colazione frugale, fatta in fretta e furia, per onorare il Santissimo Crocifisso, era d’obbligo (per i pellegrini venuti da fuori), già alle cinque del mattino del 3 maggio, assistere alla Santa Messa, comunicandosi con grande spiritualità all’evento tanto atteso. Seguivano, durante la giornata di festa, altre messe, continua Gasparro, una dietro l’altra, fino all’ora di pranzo, per poi chiudere la serata con un’altra messa solenne celebrata dai sacerdoti locali. Padroni di casa ineccepibili e disponibili per qualsiasi necessità, i frati cappuccini che numerosi e caritatevoli, erano sempre pronti a soddisfare i bisogni della povera gente (Numerosi erano gli elemosinanti che al convento trovavano sempre refrigerio e un gradito sorriso). Lungo la via che porta al convento, immensi erano i balconi addobbati con coperte, fiori e lampade, che rendevano suggestivo il passaggio dei forestieri e dei fedeli locali. Non mancavano i tradizionali “castagnari”, creatori delle deliziose castagne e del “castagnaccio”, i “nocellari” e i venditori dei santini di vario genere (statuette, immaginette).

"Nelle strade adiacenti il monastero", conclude il cultore delle tradizioni rutiglianesi, "meravigliosi erano gli odori che provenivano dalle cucine con manicaretti tipici rutiglianesi, come il ragù di galluccio o di coniglio, la pasta al forno, il tutto impreziosito dall’immancabile corposo e delizioso vino “primitivo” fatto in casa”. Tra le funzioni religiose di allora, ancora oggi rimane caratteristica e molto sentita la solenne Santa Messa delle 9.30, fatta celebrare per devozione dai coltivatori diretti che, durante l’offertorio recano sull’altare le primizie di stagione".

 

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