Alla scoperta di Don Tonino Bello in compagnia di Don Franco Renna
- Dettagli
- Pubblicato Giovedì, 19 Aprile 2018 16:09
- Scritto da sac. Pasquale Pirulli
- Visite: 1586
sac. Pasquale Pirulli
Papa Francesco continua i suoi pellegrinaggi di devozione verso i luoghi dove hanno vissuto e operato alcuni santi protagonisti della Chiesa italiana. E’ andato a rendere omaggio al parroco della bassa D. Primo Mazzolari e poi al parroco della sperduta Barbiana nel Mugello D. Lorenzo Milani. Appena un mese fa è venuto in Campania (Pietrelcina) e in Puglia (S. Giovanni Rotondo) a venerare San Pio da Pietrelcina il cappuccino stigmatizzato.
Venerdì 20 aprile egli torna in Puglia e visita i due luoghi segnati dalla presenza del vescovo con il grembiule D. Tonino Bello. Il papa farà la prima sosta al cimitero di Alessano (LE) per pregare sulla tomba del vescovo di Molfetta “costruttore di pace” e poi raggiungerà Molfetta per celebrare l’Eucaristia nella cattedrale dove Don Tonino ha svolto il suo ministro episcopale.
La breve e intensa vita di Mons. Tonino Bello, durata appena 58 anni, si svolge in queste tappe cronologiche. Egli nasce ad Alessano il 18 marzo 1935 da Tommaso e Maria Imperato ed è battezzato con i nomi di Antonio Giuseppe Mario. Dopo gli studi di scuola elementare il parroco D. Carlo Palese lo invia al seminario di Ugento per gli studi ginnasiali. Dopo frequenta il liceo al Pontificio Seminario Regionale di Molfetta e nell’anno 1953 il suo vescovo Mons. Giuseppe Ruotolo gli fa frequentare gli studi teologici presso il seminario dell’Onarmo a Bologna. D. Tonino avrà sempre un grato ricordo dell’arcivescovo di Bologna card. Giacomo Lercaro, protagonista del Concilio Vaticano II. L’8 dicembre 1957 è ordinato sacerdote dal suo vescovo e continua a fare il pendolare tra Bologna e Milano e intanto consegue la licenza in teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Venegono (Varese).
Nel 1958 torna al seminario di Ugento come prefetto, e poi vicerettore e ancora dal 1974 al 1976 come rettore. E’ invitato dal suo vescovo Mons. Ruotolo ad accompagnarlo al Concilio Vaticano II quale esperto teologo e partecipa ai lavori conciliari sin dall’apertura (11 ottobre 1962). La sosta a Roma gli permette di conseguire la laurea in teologia dogmatica presso la Pontificia Università del Laterano nel 1965 con la tesi dal titolo “I congressi eucaristici e il loro significato teologico e pastorale”. In Diocesi di Ugento è nominato assistente dell’AC e Mons. Michele Mincuzzi lo nomina anche direttore dell’Ufficio Pastorale e segretario del Consiglio Pastorale Diocesano. Con entusiasmo partecipa nel 1976 al primo convegno della Chiesa Italiana a Roma “Evangelizzazione e promozione umana”. Finalmente inizia il suo ministero tra il popolo cristiano prima nel 1978 quale amministratore della Parrocchia del Sacro Cuore di Ugento e poi il 1° gennaio 1979 quale parroco della Natività a Tricase.
Incominciano le proposte per il servizio episcopale: nel 1980 per la diocesi di Palmi in Calabria e nel 1981 per quella di Tursi in Basilicata che egli rifiuta. Non può dire di noi alla terza proposta che gli giunge nel giugno 1982 per la diocesi di Molfetta. Il 14 settembre 1982 il vescovo di Ugento Mons. Mario Miglietta nella cattedrale di Ugento comunica la nomina a vescovo di D.Tonino. Il 30 ottobre 1982 nella piazza di Tricase Mons. Michele Mincuzzi lo consacra vescovo ed egli il 21 novembre 1982 fa il suo ingresso a Molfetta. Importante è la data del 1985 quando è eletto presidente di «Pax Christi» come successore di Mons. Luigi Bettazzi. Chiude la sua intensa giornata di lavoro nella vigna del Signore segnato dalla malattia (adenocarcinoma gastrico alle ore 15:26 del 20 aprile 1993. Come motto episcopale aveva scelto il versetto del Salmo 34 “Ascoltino gli umili e si rallegrino”. Nel dicembre 2007 la Congregazione per le Cause dei Santi ha concesso il nulla osta per il processo di beatificazione e canonizzazione coordinato da Mons. Agostino Superbo, arcivescovo emerito di Matera.
Egli da umile costruttore di pace ha voluto una «Chiesa con il grembiule». Come dimenticare la sua preferenza per i poveri di cui si è fatto non solo compagno di strada ma anche ha ospitato nella sua casa e nel suo cuore. Scriveva “I poveri sono coloro che non hanno appoggi terreni: né ricchezze economiche, né amicizie che contano, né risorse personali da imporsi alla pubblica attenzione. Sono coloro che non sono difesi da nessuno e per i quali nessuno è disposto a spendere una parola…. Però attenzione: il Signore prende le difese nei confronti di tutti i poveri, non solo degli anawim (i poveri di Dio). Di tutti i poveri”. Scelse la povertà come “sposa”: una croce pettorale, girava con una macchina sgangherata, aprì il palazzo episcopale che divenne “la casa di tutti”.
Nella sua azione pastorale di ampio respiro con risvolti anche politici non ha paura di esporsi anche alle critiche dei benpensanti. Promuove la protesta contro l’installazione del megapoligono sulla Murgia, l’8 dicembre 1987 convince i vescovi della metropolia di Bari a firmare il documento “Bari terra di pace” e poi la marcia della non violenza verso Sarajevo. D. Tonino ha vissuto il suo Natale proprio a Sarajevo, così come aveva fatto san Francesco a Greccio: “Io almeno, quella permanenza a Sarajevo, l’ho sperimentata così: come trasfigurazione del mistero del Natale… E c’erano perfino i magi, venuti da lontano, ma non erano solo tre: erano cinquecento, giunti da tanti popoli diversi. Questa analogia die magi con la carovana dei cinquecento, a dire il vero, mi ha perseguitato anche al mio ritorno da Sarajevo. Anche noi, in fondo, abbiamo visto la cometa della pace e l’abbiamo seguita… Ma il Gesù Bambino da adorare dov’è in questo immenso presepe, sovrastato più dai rantoli di chi muore che dai vagiti dichi nasce? Ecco, l’abbiamo il giorno dopo. Nelle persone che abbiamo abbracciato lungo la strada. Nei fanciulli che ci venivano incontro per darci la mano e un sorriso di speranza. Nei vecchi commossi per la nostra audacia. Nel giovane soldato piangente alla nostra partenza. Nei capi religiosi della città e nelle autorità civili, che ci hanno implorato di interessare il mondo, indifferente, come la città di Betlem. Poi, dopo aver lasciato i nostri doni, come i magi, per un’altra strada, l’ONU dei poveri, è tornata a casa. Buon Natale, Sarajevo!”.
Il 18 aprile 1993 firma le sue disposizioni testamentarie e benedice tutti: “Ricordo tutti con gratitudine. Mi hanno riempito le mani di tanti mezzi e il cuore di tanto amore, che ho cercato distribuire a tutti. Ho voluto bene a tutti e sempre. Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato e assistito con affetto e generosità, durante la mia malattia. Ricordo e benedico l’intera diocesi e in special modo tutti e singoli i sacerdoti, ai quali chiedo ancora una volta perdono… E’ il giorno del Signore. Ed è bellissimo”.
P. Francesco Neri con intelligenza e amore ha messo in luce la radice culturale e spirituale della passione di Mons. Tonino Bello per S. Francesco d’Assisi nel suo volume “La gente, i poveri e Gesù Cristo: don Tonino Bello e san Francesco d’Assisi" (ed. Insieme, Terlizzi (BA) 2001). Egli fin dagli anni della sua fanciullezza alla scuola della mamma che era una terziaria francescana e dei frati cappuccini di Alessano ai quali chiese di diventare, già sacerdote da quattro anni, terziario. E’ rivestito del cordone di terziario il 22 novembre 1959 e poi il 1 gennaio 1962 emette la sua professione. Durante il suo episcopato ha sempre avuto cordiali rapporti con i religiosi del santo di Assisi e sono numerosi quelli ordinati presbiteri da lui ed è intervenuto a molti incontri tra i quali quello di Bologna del 18 novembre 1989 per il centenario dell’Ordine Francescano Secolare durante il quale ha tenuto la conferenza “Lasciarsi evangelizzare dai poveri”.
La spiritualità francescana ha illuminato il suo servizio episcopale alla Chiesa con la umiltà, l’amore ai poveri e la passione per la pace. A dire la “cristiana letizia” del vangelo don Tonino ha scelto quale strumento la fisarmonica, che ancora si conserva nella sua casa natia di Alessano. In questa dimensione spirituale si ritrova papa Francesco che, pur provenendo da un paese dell’altro mondo e formato alla rigida scuola della Compagnia di Gesù, ha scelto come patrono del suo servizio alla cattedra di Pietro il “Poverello di Assisi” e propone una Chiesa in uscita e realizza la scelta preferenziale per i poveri e i sofferenti per i quali desidera che sia sempre aperti come “un’ospedale da campo”.
D. Franco Renna alla scadenza dei 10 anni della morte del vescovo di Molfetta dava alle stampe il volume dal titolo “Ti voglio bene” e presentava una antologia del suo magistero. Facendo ricorso alla sua vena poetica il primo parroco di S. Domenico in Rutigliano così lo salutava:
“UN VOLO D’AQUILA
Un volo d’aquila
è stata la tua vita,
un passaggio rapido ad alta quota
eppur tanto agganciato alla terra più aspra,
lo sguardo fisso nel sole,
quello che illuminava
le tenebre d’intorno
e le tue lotte interiori;
mai piatto, mai falso e diplomatico,
mai rassegnato o perdente. Forse
dalle vette immacolate
dove vagava la tua mente
il tuo cuore e lo spirito,
vedevi meglio
vedevi chiaro
vedevi più giusto
senza lo schifo del compromesso
dei bassifondi
e senza il calcolo e l’opportunismo
della doppiezza.
Poi t’immergevi
nell’orrido precipizio
delle tragedie quotidiane
fratello fra fratelli
servo tra i servi
amico dei tuoi simili,
e portavi l’amore
e accendevi la luce
della speranza
e della fede
col tuo sorriso
e la tua parola nuova.
Hai preso troppo sul serio
il Vangelo e il pastorale,
e hai avuto fretta di raggiungere
i più lontani, gli ultimi
e gli emarginati: lì c’era il servo e fratello Gesù!
Perciò avesti la croce,
la sorte dei giusti,
il calice amaro
che hai sorbito con gioia
sino in fondo.
«Ecco sono pronto,
Signore, perché non vieni?”
La mia vita è già stata
più lunga della tua, il mio calvario
l’ho scalato sino in cima.
Tutto è compiuto
per me, per questo popolo
che mi affidasti.
Ho difeso il diritto,
ho condannato l’odio,
ho portato la pace.
Ho seminato con tutti i mezzi,
ho testimoniato con la vita
e col martirio.
Il mio servizio è finito;
ora mi slancio nei tuoi cieli tersi, o Dio
per continuare a servire,
ad amare,
a cantare
la vita che non muore».
Alleluja!”.
Tra le sue carte ho ritrovato una cartella dal titolo “Ascolta… ti parla don Tonino” nella quale sono raccolti fogli manoscritti in cui D. Franco, anch’egli sacerdote sognatore e poeta, dava voce ai sogni del vescovo di Molfetta: nascita al Cielo (20 aprile 1993-2008).
Una ultima annotazione la dedico alla fatica che d. Tonino faceva per scrivere i suoi testi omiletici e di riflessione che affidava alle pagine del giornale diocesano: “Scrivere mi costa mota fatica. Certe volte ho grande difficoltà a esprimere i miei pensieri e, anche quando ho l’impressione di esserci riuscito, mi assale il dubbio di non aver completato il lavoro. Comincio allora un’opera di cesellatura della parola scritta, non per mera questione di purismo linguistico, ma perché il vocabolo risponda con precisione alle esigenze dell’immagine che voglio costruire. Credimi! Dopo un lavoro tanto estenuante, resto sempre nell’incertezza di aver prodotto un pensiero difficile da comprendere o che possa venire frainteso”.
Il sacerdote-poeta David Maria Turoldo così presenta il suo incisivo e moderno magistero a servizio del vangelo: “Grazie, fratello vescovo, del tuo coraggio. Grazie per quel tuo incedere nel fiume della vita a mani distese, con nulla di forzato, nulla di retorico. Grazie per i drammi che descrivi, le solitudini e le disperazioni che ti struggono dal di dentro. Grazie per il modo con cui sei riuscito a stabilire un continuo confronto tra realtà e fede, tra verità e realtà… Grazie perché non ami la 'letteratura edificante' e, ad ogni pagina, riesci a folgorarci sulle nostre banalità e a scuoterci nel 'belvedere delle nostre contemplazioni panoramiche' e ci inviti a metterci in ascolto del futuro”.